diario di un giullare timido, letteraria
La Repubblica porta ritardo
Scusate ma non riesco a tenerlo dentro:
ho scritto un libro (Racconti a vita bassa) cercando di illustrare un mondo di esistenze sbagliate, vite piene di scompensi morali e fisici, bambini di otto anni già molto smaliziati ma vittime di crescite anomale il cui futuro è un approdo di perversione; predestinazione alla criminalità; un collegio monastico con tutta la violenza fisica delle suore che porto ancora dentro di me; bambini dispersi, ritrovati e di nuovo abbandonati; una dedica a tutte quelle persone che vivono nella totale perdizione e che non intravedono il giorno in cui riusciranno a ritrovarsi; la desertificazione del suolo e l’inaridimento dei rapporti umani; vite vissute per delega, secondo il condizionamento se non la prescrizione di qualcun altro, vuoti interiori incolmabili, arsura morale da parte degli adulti e, per converso, infanzia violata anche da matta bestialità; e nessuna bellezza a far da paciere col mondo.
Le storie intrecciate di Dàniel e Michelino bambini, Gerardina la genitrice possibile e falsa, della quale mi affascinava il percorso che porta una donna, che si sente benefattrice perché fa la carità e raccoglie i bambini per strada, a non sentire più nulla, come per una sorta di legge del contrappasso, finisce per non sentire più nulla sia fisicamente che metaforicamente. L’ho punita in questo modo perché è una persona che ha costruito tutto sulla falsità, sull’ipocrisia, come ce n’è nella nostra provincia: bigottone che fanno finta di occuparsi degli altri ma, quando qualcosa le tocca da vicino, eccole manifestare il loro spietato egoismo.
L’adolescente Olga, ben lontana dalla maturità perché costretta a subire la violenza dell’universo che la circonda: un ragazza in conflitto con tutto e tutti e che colleziona una serie di scelte sbagliate. Olga, diversamente dagli altri personaggi, possiede una famiglia ma evidentemente non le serve.
Tutto un mondo in cui la famiglia non esiste ma di cui, paradossalmente, se ne sente la mancanza, e tuttavia non si tratta tanto di nostalgia della famiglia intesa in senso tradizionale quanto di una rete degli affetti, di legami profondi e reali.
Infine, Riccardo. Spaventevole quanto naturale evoluzione dei personaggi da me creati.
Insomma, tutta una geografia umana ignorata, come nota Giuseppe Giglio, una commedia di demenza e dolore.
Poi un bel giorno arriva R2 (La Repubblica del 20 ottobre 2008) e titola I BAMBINI PERDUTI DI PUGLIA .
Tenere ben presente che si tratta dell’inchiesta di prima pagina della sezione R2 de La Repubblica.
Il giornalista scrive: Abusati, violentati, picchiati. Sono 50.000 i minori abbandonati in Italia, la maggior parte nel Sud. Così, mentre l’adozione è un terno al lotto, le comunità si riempiono di bimbi. Condannati alla solitudine […]
un esercito di ombre condannate ad un limbo: quasi nessuno torna a casa […]
nuovi orfani, figli di genitori falliti… non esiste un elenco di adulti pronti ad accoglierli.
Dopodiché passa in rassegna l’opinionismo di alcune belle teste d’uovo. Nell’ordine, Nostra Famiglia: “parliamo di devianza giovanile e non ci accorgiamo che a esondare è la devianza degli adulti”; il sociologo Giuseppe Moro: “Bruciamo una generazione confondendo l’autodistruzione con la normalità”; il sociologo Saverio Abruzzese: “La precarietà devasta genitori immaturi e la famiglia allargata si disintegra”; Famiglia Dovuta: “è una società tacitamente costruita per l’abbandono… qualche domanda è lecita sugli interessi che si muovono attorno all’agonia delle nostre relazioni; la priorità non è nemmeno più aiutare i figli traditi dall’egoismo, ma salvare gli adulti dal nulla che li uccide; la patente per i genitori”.
Mi si perdoni la presunzione:
MA IO CHE AVEVO DETTO?!
01 Nov 2008 Nicola
Caro Nicola,
comprendo la tua irritazione, ma un conto è un’inchiesta giornalistica, tutt’altra faccenda è un testo letterario.
Di un’inchiesta giornalistica, per quanto ben fatta, difficilmente ci si ricorda. E ancor più difficilmente ne sortiscono effetti di catarsi.
Un romanzo - e lo sai bene - può occupare stabilmente le stanze della memoria. E toccare il cuore. E graffiare l’anima… E’ questione di tempo: Racconti a vita bassa deve trovare i suoi lettori.
Abbi fiducia.
So, caro Giuseppe, che è ben vero quanto vai dicendo su romanzo e inchiesta giornalistica. Il mio post non vuole essere un confronto improprio tra mezzi diversi quanto piuttosto un’abietta provocazione/esortazione ad avvicinarsi a questo mio libro. Più leggevo l’articolo di Repubblica e più mi si andava chiarendo la mia operazione di scrittura, la quale mi sembrava quanto mai calzante, pertinente, esemplare nel trattare, raccontare, organizzare il tema oggetto dell’inchiesta. Un modo per dire: adesso che avete letto l’articolo de La Repubblica, per saperne di più, RACCONTI A VITA BASSA.
Miscuso ancora per la presunzione ma purtoppo l’impressione avutane è stata netta.
… bene, dopo aver letto, Nicola, il tuo intervento, è tutto più chiaro quello che volevi comunicare