Si diceva in giro che l’amministrazione comunale volesse sanare l’immonda discarica e contestualmente ampliare il cimitero con due nuovi lotti. A quel punto c’era solo da aspettare l’ufficializzazione della notizia che si vendevano concessioni per nuovi loculi. Innocenza frequentava il cimitero con la speranza di vedere affisso l’atto comunale negli appositi spazi.

2 novembre 2008 - cimitero comunale di Bari

Le genti si andavano aggruppando intorno alle tombe dei loro cari e parlottavano di svariate cose.
C’era un donna che appendeva la sua borsetta su un ramo di cipresso e si lamentava di uno che se n’era andato senza salutare due giorni prima.
Un uomo con una giacca a vento rossa e un mazzetto di semprevivi dai gambi avvolti nella stagnola, il reflusso gastrico che ne scolpiva i lineamenti, il quale infatti sorrideva, raccontando di quanto avesse mangiato pesante la sera prima.
Innocenza Lacitignola, una signora sulla sessantina dagli occhi nero carbone, capelli grigi dalle colorazioni ruggine, capelli a tinte fosche, a far visita ai suoi morti è riuscita a trascinarsi, per la prima volta, la sua figliola trentenne Vincenza, capelli di un castano slavato e insolentiti dall’alopecia, parimenti slavati gli occhi, slabbrati gli angoli della bocca. Davanti alla tomba Innocenza snocciola preghiere e chiosa: “La vedite a chesse? … (fa una pausa stupendamente teatrale per indicare la donna più giovane al suo fianco) …Ce tene ‘ne brutte destine, chiamataville!”.

Traduzione:

Vedete questa figlia mia? …Valutate: se ha un brutto destino, chiamatela a voi”.