contro l’eutanasia: accanimento terapeutico è la vita dell’intero genere umano
Non l’accanimento terapeutico è un’inutile dilazione della morte.
Non solo.
Il vivere stesso lo è.
Si vive e ci si arrabatta, giorno dopo giorno, scissi e mutilati (spesso anche del cervello), solo per spostare il più lontano possibile da noi il momento della morte.
La morte è un dato di ovvietà.
E allora? Come la mettiamo?
Contro l’eutanasia.
Detto da uno che non solo avversa la chiesa e le gerarchie ecclesiastiche ma mal sopporta anche preti di strada e/o impegnati nel sociale.
08 Feb 2009 Nicola
Per esempio io - ma come voi tutti, del resto - sarei attaccato al sondino nasogastrico di un lavoro che non mi piace. per vivere e per scrivere. cose che, che per quanto mi riguarda, sono in simbiosi. un lavoro, seguito da uno stipendio, è la cura. così come lo sono l’alzarsi la mattina e sbrigare le varie incombenze quotidiane. Oh, quanto inutili, quelle incombenze. inutili cure che servono solo a procrastinare la disfatta della vita.
Caro Nicola,
prendo spunto da questa tua cruda presa di posizione per intervenire sulla vicenda di Eluana Englaro, dai risvolti a dir poco inquietanti (vedi tu se lasciare queste mie righe come commento, o se pubblicarle a parte). Una vicenda che rischia di perdere (se non li ha già persi) i suoi reali, e umanissimi, connotati, preda com’è, ormai, di una becera vulgata in cui sempre più smaniosamente si agitano le bandiere della difesa ad oltranza della vita (di quale vita, viene subito da chiedersi; ma ne riparliamo più avanti). Per non dire del feroce accanimento che la chiesa sta dimostrando in queste settimane; accanimento peraltro utile a celare ai più ciò che realmente è in gioco: il potere della chiesa stessa, la sua aprioristica pretesa di dettare legge ben al di là della sfera che le compete, la sua inveterata ingerenza nella vita politica, con tutte le terribili conseguenze che ne derivano. Tanto più in un caso del genere, in cui (come su altri delicatissimi temi) ancora una volta lo Stato italiano si mostra assai poco adeguato, in termini di strumenti legislativi (beninteso, però, che nessuna legge, per quanto necessaria, risolve interamente complessissime questioni come questa, che investono la sfera della libertà e della coscienza individuali, diritti inalienabili della persona, al di là e al di fuori di ogni credo o fede). E tuttavia appare assai discutibile l’agire scomposto di questa nostra classe politica, ancora una volta succube di un Vaticano il cui capo sta persino rimettendo in discussione la “costituzione” del Concilio Vaticano II: la “Nostra Aetate”.
Forse è il caso di vederci più chiaro, cercando di mantenersi fedeli ai fatti, nel rispetto delle diverse posizioni, ma al di fuori di squallide logiche di potere. Nel rispetto di chi insiste per la cessazione della somministrazione dell’alimentazione artificiale di un corpo in stato vegetativo permanente, e nel rispetto di chi considera tale interruzione poco meno che un omicidio a sangue freddo. Ci si chiede subito, in quest’ultimo caso, se vi siano le condizioni perché si possa parlare di omicidio: vorrebbe dire, allora, che si rimettono in discussione le conquistate certezze della scienza sul finis vitae, su quel confine cioé oltre il quale non si può più parlare di vita nella sua interezza, di quel meraviglioso connubio di mente e sensi, cervello e cuore, anima e corpo, che è l’uomo. La moderna bioetica pone peraltro il singolo individuo nella condizione, e nel diritto, di giudicare della sua vita, assumendone la piena titolarità. La cultura cristiano-cattolica (perché altri cristiani, ad esempio i Valdesi, la pensano diversamente) rifiuta invece la scelta intellettuale del “prendere atto”, cioè del doversi a un certo punto arrendere all’evidenza che né l’uomo cosciente di sé possa essere privato della sua libertà di decidere da sé e per sé, né che la vita di un uomo, o di una donna, sia una totalità che include il vivere ma anche il morire. Donde il diritto di scegliere come vivere, ma anche come morire. In questa dimensione di pensiero, l’attesa (o la speranza) del miracolo non può essere né sottratta a chi ha voluto crederci, né imposta a chi ha scelto di non crederci. La libertà delle idee è un bene supremo, e guai a non tutelarlo in qualsivoglia circostanza.
La giovane Eluana, ventenne piena di vita, diceva (e lo ha ribadito più volte; a meno che non si vogli anegare anche questo) che mai avrebbe tollerato di essere lasciata in uno stato di coma prolungato senza che ci fosse la benché minima speranza di tornare ad una vita normale, dopo aver visto questa terribile condizione toccata ad un suo caro amico. Poi la sorte fece il resto. In nome di quelle parole, e solo per esse, il padre di Eluana combatte la sua battaglia per il rispetto della volontà della figlia.
Ci si meraviglia che ancora oggi il morire debba essere uno scandalo. Siamo messi proprio male.
…l’altra cosa che mi pare molto sgradevole da parte degli oppositori alla scelta del signor Englaro è la pretesa di difendere la ragazza da suo padre, con lei impossibilitata a intervenire. Questo sì che è un sopruso che si approfitta di lei, e compiuto da estranei. Io penso che se fossi in coma e anche ne uscissi, se allora sapessi che qualcuno si è permesso di dire a mio padre (o mia madre, o mia moglie, o i miei figli, o il mio cane) cosa dovevano fare con me e di interpretare la mia volontà al posto loro, mi incazzerei non poco.
Però mi incazzerei pure con mio padre.
Perchè?!?
Perché non è stata fatta prevalere la volontà dell’individuo, se non in IURE (a furia di frequentare avvocati!), di sicuro in FACTO.
Mi spiego.
E’ come se io volessi buttarmi dal balcone e suidarmi , devo aspettare una legge che me lo consenta ?
Mi butto e amen.
Invece se tu chiedi : “scusi, posso buttarmi dal balcone ?”, è chiaro che nessun organo istituzionale ti dice “prego, faccia pure “.
E io magari rispondo :”ma altre persone si sono già buttate !”
E l’istituzione ti risponde “sì, ma loro mica ci hanno chiesto il permesso prima prima di farlo !”
Non so se ho reso il concetto !
Ringrazio Giuseppe e Fabio per aver riportato in questo blog quella capacità logica e culturale che davvero aggiunge molto al dibattito che si fa della vicenda Englaro e che genera, anche sui giornali, reazioni, chiacchiera, fondi e articolesse sempre un pò troppo fuori fuoco rispetto alla portata tragica dei grandi temi della vita e della morte.
Premesso che da un punto di vista politico mi pare chiaro il disegno che si persegue a suon di strumentalizzazioni su quello che è stato definito “il corpo ideologico” di Eluana, e aggiunto che come cittadino mi sento seriamente preoccupato per lo scardinamento dello stato diritto che si sta compiendo, mi trovo però costretto a ribadire un punto di vista più “filosofico” che dal caso di Eluana prende solo l’occasione per riflettere e non ambisce in alcun modo ad incidere sull’attualità per come questa sta evolvendo: LA SOFFERENZA.
LA SOFFERENZA CHE RENDE LA VITA NON VITA.
CHI PUO’ STABILIRE DAVVERO QUESTO TERMINE? Chi ne può quantificare il peso specifico all’interno delle nostre esistenze? COSA FACCIAMO DELLE NOSTRE VITE? IN QUANTI MODI LE OLTRAGGIAMO? QUANTI STATI VEGETATIVI VEDETE IN GIRO? E QUANTI UOMINI SONO CAUSA DI SOFFERENZA PER ALTRI?
E QUANTE VOLTE SI INVOCA L’EUTANASIA (o, per non incorrere in rettifiche, quante volte si invoca la sospensione dell’alimentazione o dell’idratazione) AL COSPETTO DI TALE SCENARIO?
Pecco di ingenuità. Mi sembra chiaro che voi non invochiate l’eutanasia per alcuno, in omaggio alla libertà dell’uomo. Ma sento che quell’interrogativo resta in piedi. Chi spinge avanti la propria vita in stato di incoscienza avrebbe bisogno di un tutor che ne interpreti la volontà?
il mio cervello,stanotte, ha fatto il suo dovere, però ad alta voce e pertanto mi ritrovo qui, alle 7:20 di mattina a rinterrogarmi sul tuo post forse privicatorio. Non so rispondere. Però ti pongo io una domanda. Cosa è la libertá, cosa il libero arbitrio. Grazie Nicola
Nico , tu spingi la tua vita in stato di incoscienza? Io, sicuramente, a giorni alterni. Per quanto riguarda il tutor … il tuo/nostro problema è non accettare di darne la delega a “colui che tutto comanda”.
Questo post dal vago sapore wertheriano, o forse più leopardiano, può essere benissimo un’appendice di “A voi la parola”.
“Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai.
Splendida è la loro digestione, infallibile il loro giudizio.
Non credono ai fatti, credono solo a se stessi.
Se occorre, tanto peggio per i fatti.
La pazienza che hanno con se stessi è sconfinata.
Gli argomenti li odono con gli orecchi della spia”.
La categoria del filosofico si tende a bandirla sempre più dai mezzi di comunicazione. La fillosofia, il critico esercizio del pensiero, il porsi domande sull’uomo, sulla vita, sulla morte… inutili sciocchezze, vacue masturbazioni mentali. In un tempo come il nostro, dominato da strenue ossessioni identitarie, da fedi arroganti che si arrogano il monopolio della verità (e dunque non fedi!), quale spazio resta ancora alla filosofia? E quale spazio resta per riflettere su concetto di enorme portata, vecchio almeno quanto l’uomo: la SOFFERENZA? Poco, temo. Forse è il caso di rileggere (o leggere) libri come La morte di Ivan Ilich, o Storia della morte in Occidente, o Il cavaliere e la morte… Forse è il caso di rileggere certe pagine di Seneca, o gettare uno sguardo su quella struggente favola di Par Lagerkvist che è Il sorriso eterno… E forse è il caso di riflettere - a proposito di fedi e verità - su alcuni lacerti di uno dei maggiori filosofi viventi: il cattolico Dario Antiseri, innamorato di Pascal. Nel suo ultimo libro (Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti, scritto con il matematico “ateo protestante” Giulio Giorello) Antiseri pone l’accento sul fatto che una fede, in quanto tale, non può essere in al ciun modo imposta, nè può arrogarsi il monopolio della verità. Può solo essere proposta, mostrata, e in ogni caso rimanendo proprio sul piano della fede. Quando si pretende di sostituire la ragione (e ancor più la ragione critica) con i dogmi (e le fedi si reggono sui dogmi), allora finisce la libertà. E la libertà è condizione essenziale per l’esercizio del pensiero critico. Sempre. E tanto più quando oggetto della riflessione è la SOFFERENZA. In un tempo come il nostro, in cui - non m i stanco di ripeterlo - la libertà è a rischio, in cui si uccide il desiderio, la speranza. Anche quando si tratta del morire come ultima speranza.
Nel precedente post chiedevo, con una domanda tra la provocazione e il trabocchetto, di indicare una cosa per cui non vale la pena vivere. Fabio mi ci fa riflettere ed è curioso come la risposta a una facezia sia arrivata dalle cronache di questi giorni, segnatamente da Beppino ed Eluana Englaro. Un sigillo autorevole, estremo, definitivo.
Sono grato a Giuseppe Giglio per il suo riproporre, ancora una volta, Il Cavaliere e la morte. E noi allora con ostinazione lo riproponiamo:
LA MORTE SI SCONTA VIVENDO. MENDICANTE, LA SI MENDICA
…
IL CAPO, ENTRANDO, CONSTATO’: - LEI STA PROPRIO MALE.
- NON AL PUNTO CHE VORREI - DISSE IL VICE.
…
MA IL MONDO, IL MONDO UMANO, NON AVEVA SEMPRE OSCURAMENTE ASPIRATO A ESSERE INDEGNO DELLA VITA? INGEGNOSO E FEROCE NeMICO DELLA VITA, DI SE STESSO…
Per tutto quello che da questa opera si può prendere sono portato a concludere che, forse, de ‘Il Cavaliere e la morte’, con tutto l’Ivan Ilich e il Gadda e ‘il trionfo della morte’ che si porta dietro/dentro, non ne avremo mai abbastanza.
curiosità mia:
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
LA MORTE
SI SCONTA
VIVENDO
G. Ungaretti
Sono contento che Fabio abbia colto questa criptocitazione, peraltro restituendoci alcuni tra i versi più intensi della poesia italiana.
Non conosco Fabio, ma non posso non complimentarmi con lui
Fabio era un mio compagno di scuola al Liceo Scientifico Statale di Bitonto. Adesso fa il chimico.
Io non posso che essere enormemente orgoglioso dei tre lettori di questo blog.
Rettifico perché lettori è riduttivo. Essi, per il loro apporto, sono a tutti gli effetti scrittori di questo blog.