Aurelio era controllore alla Ferrotranviaria. La sua vita andava assumendo accenti disperati. Lui e il suo compagno erano molto gelosi l’uno dell’altro e facevano quelle follie tipiche dei ragazzi quando sono così nel pieno di quella loro forza che chiede soltanto di essere dissipata. Aurelio centrifugava un’esistenza appena turbata in un delirio di parole, un guazzabuglio di sintassi, un pastone di sentimenti. Con risultati patetici, peraltro:

E come cristo accade che questo cazzo mi si mette a giocare a nascondone? Diventa un vero latitante. Mi fa passare un fottio di pene. Non mi si rizza più col pupo. Lui va in angoscia, io in parangoscia. E mi pesa al culo ’sto fatto. ‘Sto muscolo del cazzo ancora mi rimane inerte, un’appendice dispettosamente senza vita. “Tu mi stai rifiutando” comincia a lamentarsi il mio ganzopupo. Io gli chiedo di capire. La prima volta che è andata buca gli ho detto che ero stanco, lui non lo sapeva ma per me era la sesta sera di seguito che avrei dovuto scoparmisi. Non lo sapeva perché le cinque sere precedenti non avevo fatto altro che girellare per travesta. Quella prima volta che gli ho dato forfait lui s’è fatto pas de problèmes, mi ha preso e detto: “Te la scopo io dentro un po’ di verve, dentro ’sto cumulo di carne andata a male”.


La seconda volta che ho cileccato gli ho detto però che avevo bruciore e che facevo piscia a torrenti. Non è servito, aveva sospetti che non mi piacesse più, che non me lo volessi filare più. Una giornata, due, tre, le ho passate a fare la spola tra il pullman e i campi di finocchio dove facevo fermare per andare a pisciare. Nel frattempo faccio l’orinocoltura e in effetti scopro che ’sta mala presenza c’è: escherichia coli, centomila fottutelli batteri rompipalle scesi a impestarmi le urine. Io esagero, comunque il biologo mi dice che l’infezione è una stronzata, lieve e curabilissima. Mi rimpinzo di antibiotici, bactrim, sebercim, picillin intramuscolari, ecc. E fermenti lattici vivi, redivivi, morti ammazzati… Il piccolo mio tesoro è in stato di allerta; riesce a convincersi che dopotutto c’è una patologia che mi fa soffrire. Comunque mi alterna fasi di buon umore a fasi di risentimento e cattiveria. Frattanto il cazzetto mi sembra morto. A fine terapia riprova a sondarmi lo stato di arrapamento e, ça va sans dire, lo stato della mazza. Tra me e me sto già pensando alla scusa da imbastire. Infatti ancora cilecca, e giù di nuovo con dolorose polluzioni cerebrali. Si litiga per ogni sputazzella. Casinando si fugge per strada. Si urla come ossessi su ogni argomento, devastati dalla sclera.