Prima torsione dell’anaconda
Con questo post inauguro una rubrica che ospiterà tutti quei contributi che siano in grado di dare e ricevere luce, di fare in una parola ’sistema’ con un mio lavoro ancora inedito.
Da TuttoLibri, della Stampa di sabato 9 gennaio 2010, riporto alcuni estratti dell’articolo di David Bidussa:
Del corpo di Mameli si potrebbe discutere come di altri corpi nella storia italiana per sottolineare come nel suo caso – a differenza di quelli di Mussolini e Matteotti, di Moro e Padre Pio, di Pio IX e Vittorio Emanuele II – non si siano prodotte emozioni, ma spesso scene meste: da quella della sua lunga agonia al destino del suo corpo dopo la morte.
Lungi dall’essere un padre della patria, Mameli è stato a lungo un “clandestino” nella storia italiana: oggetto di più cerimonie funebri, tutte contrassegnate dall’imbarazzo, comunque dall’assenza del potere pubblico, al più accompagnato dai suoi amici in una condizione di solitudine, comunque di “sconfitta”. Con una città, Genova, che nel momento della morte impedisce alla famiglia di prendersi il corpo e sotterrarlo nella sua città. E una città, Roma, che ospita quel corpo, ma non lo vuole, comunque si sente imbarazzata dalla memoria di una figura che ricorda l’esperienza della Repubblica Romana del 1849 e i suoi protagonisti come un “affronto al papa” fatto proprio nella “Città del Papa”.
[…] Quello del corpo di Mameli è un lungo viaggio di cui vale la pena di riportare le tappe principali […]
Appena morto ( 6 luglio 1849), Goffredo Mameli viene imbalsamato da Agostino Bertani e poi deposto nel cimitero sotterraneo della chiesa delle Stimmate, a Roma. Nel 1871 le autorità ecclesiastiche autorizzano la riesumazione del corpo, ma il nuovo governo italiano non è favorevole a una cerimonia pubblica […] solo dopo la morte di Mazzini si autorizza un funerale pubblico e la sepoltura al cimitero del Verano, a Roma. Ma quella cerimonia è strana: ci sono molti vecchi compagni d’arme, Garibaldi è assente, la famiglia non assiste. Il funerale è civile. Qualcuno intona il Canto degli Italiani, cui segue la lettura di alcuni scritti di Mameli. Quelle parole suscitano il disappunto dei rappresentanti del governo presenti e dunque il corpo viene sepolto in un loculo del cimitero, in attesa di un posto dignitoso. […] nel 1889 Alessandro Guiccioli, figlio di Ignazio Guiccioli, ministro delle Finanze della Repubblica Romana del 1849, decide di proporre l’edificazione di un monumento funebre al Verano. Il monumento è costruito e inaugurato nel 1891 e il 26 luglio di quell’anno le spoglie di Mameli vengono sepolte lì. Ma il corpo di Mameli crea ancora imbarazzo. In nome dei buoni rapporti con l’Austria nessuno esegue il Canto degli italiani.
[…] nel 1941, a guerra iniziata, Mussolini rievoca la morte di Mameli per colpa delle armi francesi. Quindi, in piena guerra, per celebrare l’italianità, Mameli torna di nuovo utile. Viene allora deciso di costruire quel sacrario votato dal Parlamento, mai deciso dal governo italiano e che era stato al centro delle polemiche settant’anni prima.
Così, prima ancora della fine dei lavori, le spoglie di Mameli vengono di nuovo riesumate e trasportate all’Altare della Patria per essere poi collocate, in attesa del termine dei lavori, a San Pietro in Montorio, nel quartiere di Trastevere, poco sopra la fossa nella quale erano stati collocati i resti dei caduti per la Repubblica Romana. Come molte cose nella storia italiana, niente è più definitivo di una decisione transitoria, e infatti è lì che ancora oggi si trovano. […]
10 Gen 2010 Nicola