La delicata ed estenuata Blanche, che insegna il retaggio letterario a ragazzi che non ne hanno molta voglia, ha i nervi a brandelli, problema per il quale non conosce altro antidoto che l’odiosa civetteria dei bagni rigeneranti; lei li chiama peraltro ‘idroterapia’. La cosa rompe l’equilibrio interno dell’organismo ospite KOWALSKI-DUBOIS che vede la propria alcova trasformarsi in uno stucchevole patchwork di cineserie in stile ‘casa di Gerardina Intranuovo’. Il fatal contrappasso imposto da Tennessee Williams alla sua eroina per aver provocato la morte di Alan senza nervi che scriveva poesie, l’uomo che le fece scoprire l’amore, conduce dritto dritto a sentirsi finiti come sotto un tram, inseguendo da quasi sordomuti un desiderio cieco.

La seconda torsione dell’anaconda ci dice quindi che la strada che porta ai campi elisi è lastricata di cippi funerari, e che l’ampliamento del cimitero su cui indaga anche Amy Hempel nelle sue Ragioni per Vivere, è il più annoso degli assilli municipali visto che “se c’è una cosa che la gente non smette di fare è quella di morire”. Il film di Kazan non si spinge a mostrare la morte e i cristiani nel loro decedere, ma in esso è possibile ammirare la madre di tutte le epifanie incarnata dalla signora che vende “corone per i morti”. E per capriccio, o perché siamo sempre sotto il flusso della Hempel, potremmo anche chiamarli “soffi di bimbo”.

Tutto questo mentre Blanche Dubois, preoccupandosi solo di nascondere le ingiurie del tempo sul suo viso, fa di tutto per non diventare una Vita Maria Germinario. Ma è inutile. Tanto valeva arrendersi prima, come fa la mia, di eroina.