il conflitto-motore delle Mine Vaganti, o checche gnaolanti, racchiudible in un diorama presieduto da giove inculatore, è anche e soprattutto bassezza drammaturgica: quel che dovrebbe conferire robustezza alla storia è un infantile gioco sulla quantità degli outing che la società ovvero la meridional famiglia ottusa deve sforzarsi di accettare, il che stabilisce un preoccupante precedente: a furia di progressioni numeriche Ozpetek può arrivare a giustificare - debolmente - le proprie narrazioni facendo agevole ricorso a un subisso di ricchioni, a petto di un patto sociale sempre più retrocesso e degradato. se abbiamo visto Scorsese e Capotondi votarsi alla cieca fiducia nella scrittura, vediamo qui un regista che giustamente (vista l’inconsistenza drammaturgica) prega per la bravura di Fantastichini e Scamarcio, e si arrangia più o meno bene a dirigerli. Il patriarca Ennio viene, infatti, via via erigendo una cattedrale alla propria recitazione mentreché il giovin Riccardo prosegue nella costruzione di un grande avvenire suo, nel quale lo prevedo e azzardo novello Gian Maria Volonté.