Ma non ci fu bisogno di alcuna smentita, presto fu subito chiaro che il capo-delegazione Tupac-Amaru doveva pervenire a completa integrazione dentro la festa 40. Non poteva mai esserci intelligenza col nemico. Il segnale? Più d’uno: la sua esagitata richiesta di pompare i volumi, le sue sgaloppate da un capo all’altro della sala come se davvero gli mancasse un cavallo di sotto al perineo e i suoi strazianti ululati invocanti “un cavallo! Il mio regno per un cavallo!!!”

Che il novello Riccardo III fosse pronto a svendersi le lotte per i diritti civili degli sfollati che s’era tirato dietro per riavere il suo fantomatico stallone? Gli amerindi già lo guardavano con gli occhi iniettati di sangue mentre il plantageneto ci teneva botta con uno sguardo iniettato di birra che, ahiloro, non voleva significare assolutamente un cazzo. DJ Ramòn Misteri allora si metteva a compulsare tutte le risorse del computer nella speranza che in qualche suo recesso fosse rimasta traccia di un mp3 degli Inti Illimani, un tentativo a capocchia così giusto per addolcire gli animi. Meno male che a ’sto punto si formava un coagulo di pura luce dal quale sorgeva una voce soave e soavemente intarsiata di una qual certa apprensione.

“Le beau cheval!” riversavansi miracolose onde sonore nei padiglioni auricolari degli astanti. “Mon cheval, qui l’a vû? Je vous en prie, dites-moi qui l’a vû!”

Marie- Soledad Sacco, la bella palafreniera, emergendo da un cappottino di pannelli solari, si mostrava ora nel suo bel vestitino di inquietudine con paillettes di tormento. “Ragazzi … (tra sé) Oddio, se ragazzi posson mai esserci alla festa di un quadragenario … Ok, ragazzi, perdetti mon cheval. Passò per caso di qui? Oh, mon dieu, sono disperata …”

“Tutti l’abbiam veduto, sta’ tranquilla. È di là, adesso, nella stalla, e uno che non si riconosce nel patto sociale, né tanto meno in questa festa, lo sta rifornendo di biada.”

Il cuore d’oro di Dj S’è Perso era accorso a consolarla.

“Posso fidarmi?”

“Sì ma non dirlo a quello lì” le fu indicato il tarantolato Tissi che ormai non ci sentiva più. “Se viene a sapere che habemus ciucciarellum quello lo monta e lo cavalca fino a finis terrae. Adesso divertiti. Vieni che ti offro un Ciobar.”

A scortare la disarcionata Soledad v’era sua sorella Briscola-Donnadispalle-Rida, attrice nel fotoromanzo Sacco’s & the City, reduce dal set dell’ultimo inquietante episodio “La briscola-La donna di spalle”, indove tra l’altro s’inaugura un nuovo seme nel mazzo di carte napoletane: dopo i denari le coppe i bastoni e le spade, siòre e siòri …. LE SPALLE! Ella s’era talmente calata nella parte che riusciva a dare le spalle a chiunque, in un vero e proprio numero da illusionista; nessuno, durante il baccanale, può dire, infatti, di essere riuscito a vedere il suo volto. Tutto il repertorio fotografico relativo al party ne è una conferma.

Benone, festone ormai a regime, dionisiaco il giusto. Ormai sono tutti in forno, dalle squinzie della casa dei cuori infranti ai campesinos, dal parentado assortito alle amicizie più sbagliate, liberi professionisti e randagi inguaribili sognatori dai calzini scompagnati, tribù di crucchi e ispanici, molta East Europe e un zinzino di teppa nostrana. Arriva finalmente DJ Tommaso Accroccodiconsonantiacasaccio’Erti con delle allarmanti scarpe antinfortunistiche ai piedi e la prima cosa che si mette a fare è auscultare i muri portanti della villazza. Mah … Che ce l’abbia fatta davvero, il Vaccarelli, a mettere insieme un po’ di sbalestrati?

Il dj set di Ramòn Misteri volge al termine. Si mandi a chiamare il secondo in scaletta. Ma Dj S’è Perso non si trova, nomen omen, vacabòia. Ma dov’è? Fate presto, si trovi il S’è Perso.

“È in bagno da mezz’ora” informa Dorian Gray come primo di una lunga fila di vesciche alcoliche smaniose di svuotarsi.

“Ohibò, che si stia sfruconando la bottega?” si sghignazza. Allora si prende a battere energicamente alla porta del cesso gridando “Dài, Andrè che tocca a te!!!”

La porta si apre lentamente e Dj S’è Perso ne esce compassato con un asciugamano torno torno alla capoccia.

“Scusate, dovevo lavarmi i capelli.”

Lo spingono verso la consolle che ancora gira l’ultimo brano di Misteri.

E in hoc signo BLACK OUT.

part four