minimi sistemi
di Nicola Sacco
______________
I giudici dell’Aja al servizio della ragion di Stato
La recente sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja offre l’occasione, per il vero non troppo fausta, di tornare su un tema che ogni hanno, verso la fine del mese di Gennaio, viene ad essere al centro di svariate iniziative commemorative: l’importanza di ricordare le vittime del nazifascismo, delle leggi razziali, della Shoah. Si ricordi come tale necessità, prima di approdare in Italia alla legge istitutiva del Giorno della Memoria, fosse avvertita e sorgesse in ambito internazionale sotto forma di proposta, alla quale il Parlamento italiano ha poi aderito con la legge n. 211 del 2000.
In nome del diritto internazionale, oggi, invece la Corte dell’Aja nega il risarcimento alle famiglie delle vittime delle atrocità naziste: risarcimento chiesto dall’Italia (da avvocati italiani) allo stato tedesco in relazione a tre stragi compiute dalle SS in località italiane durante la II Guerra Mondiale con centinaia di vittime innocenti tra donne, anziani e bambini. Argomentazione chiave di questa sentenza è la salvaguardia della immunità di uno stato sovrano. Bene, viene da chiedersi come mai i principi di “cessione di parte della sovranità” debbano valere nel campo delle politiche economiche ma non sul terreno delicato dei diritti individuali, diritti peraltro colpiti da una violazione che reca, nella sua eccezionalità storica, il segno di un’enormità tanto luttuosa quanto inenarrabile. Pare, infatti, che la Corte internazionale statuisca più che altro questo: l’irrilevanza dei diritti individuali di fronte alle superiori ragion di stato.
Dunque, a che serve ricordare? A cosa mai possa servire questo esercizio - ribadisco, in origine oggetto di una proposta internazionale - se non se ne approfitta al momento giusto, cioè quando ci si ritrova a metter mano a questioni che sono evidentemente ferite aperte?
Pur respingendo la tentazione di dire che il Giorno della Memoria, già prossimo a un rituale stanco, non serva a niente, bisognerà pur prendere atto dell’occasione perduta, occasione che, se al contrario fosse stata colta, avrebbe consentito di esclamare: “ricordare serve a qualcosa!” E serve a qualcosa quando il nobile sentimento che lo anima si cala nel concreto e con la tragica concretezza dell’umanità perseguitata fa i conti. Purtroppo non si riscontra questo avviso nei giudici dell’Aja ma c’è da aggiungere che, ben oltre questo caso, il rischio che della memoria non si faccia buon uso è quanto mai reale e diffuso. E pensare che a motivarne la celebrazione - lo si dice e lo si sente dire solennemente – c’è la convinzione che così facendo si riesca a non abbassare la guardia, che si possa restare vigili e pronti a reagire non appena affiorino, nella società e nella politica, quei segnali (o condizioni) inquietanti che riconducono alla cupezza di certi processi novecenteschi sfociati poi negli orrori più impensabili. Ma nonostante i concetti sacrosanti cui si accompagna la formula “per non dimenticare”, troppo spesso accade che gli occhi restino ben chiusi sui pericoli del presente.
Chi scrive ritiene che il Giorno della Memoria sia in grado di dispiegare tutti i suoi significati solo a patto che non si distolga l’attenzione, oggi, da due elementi che si compenetrano: democrazia e diritti fondamentali dell’uomo. L’una non può sussistere senza gli altri, e viceversa. La negazione dei diritti fondamentali dell’uomo non può che risolversi in una sconfitta per la democrazia. E a calpestare le regole della democrazia non può che essere il disegno di attaccare i diritti fondamentali dell’uomo.
L’assessore in fuga se ne sta al Cavallino
C’è un giudice a Berlino. Ci sono altri giudici all’Aja. Altri ancora a Modugno (BA). Quelli di Modugno sono per lo più usurpatori di funzioni pubbliche, si occupano di bassa politica e decidono con una perentorietà e un’inappellabilità precluse a qualunque altro tipo di giudice. Per emettere una sentenza di condanna al mutismo di questo paese, essi hanno calpestato le elementari regole della democrazia, procedendo con le più moderne tecniche di eliminazione dell’avversario politico, oltraggiando i basilari principi di pluralismo , di tutela delle minoranze, della normale dialettica maggioranza-opposizione. Vanificando, in definitiva, la libertà di voto.
I gerarchi del regime modugnese nondimeno trascurano di preparare l’uomo nuovo. L’uomo nuovo deve avere due qualità: l’indifferenza verso le regole democratiche e l’insensibilità di fronte allo stato di prostrazione in cui versa la propria città sotto i più diversi aspetti (questione ambientale, questione morale e via discorrendo).
Se il panorama è questo, nessun rappresentante attuale delle istituzioni modugnesi può permettersi, né gli conviene, il passo falso di celebrare Il Giorno della Memoria. Risulta però che un assessore abbia preso parte ad una manifestazione per ricordare la Shoah. Risulta altresì che la stessa manifestazione si tenesse in un luogo sufficientemente lontano dal cuore della città (cioè nella struttura di ricovero per anziani Hotel Cavallino). Che abbiano avuto un soprassalto di pudore? O sono ancora ben determinati a fare in modo che la memoria stia alla larga da Modugno?
07 Feb 2012
Nicola
Lascia una risposta