L'Histoire Érotique
Io non so dire né immaginare cosa possa accadere. Magari non succede proprio un bel niente. Tu puoi tirarti qualche piacevolissima sega, io posso restare prigioniera del bronzo in cui vivo sospesa, con il viso cereo, gli occhi sbarrati, dove ho perfezionato fino allo stremo la liturgia dell’attesa e il raffinamento estetico e ontologico del desiderio.
“Seghe celestiali. Io però come una lesbica ti farei aderire al mio palato. Come un’ostia.”
Racconta meglio delle celestiali seghe. Effonditi sulle seghe. Io sono una bianca cattedrale che non si può sporcare. Sono un tempio di beatitudini. Le mie labbra sono wafer appena sfornati. Sono una vecchissima e sapiente vergine. Nessuno può violarmi. Nessuno mi ha mai avuta. Mai. Io so prevedere il futuro. So tutto, Angelo dei miei lombi. Ho già visto quello che farai. So bene cosa ti canterà nel cuore e cosa ti strazierà. So quando e come tirerai il fiato. Lo posso decidere soltanto io. Non mi farò incantare dal lucore degli occhi tuoi e da quello che dici e da quello che non mi hai detto. Ma io ho già capito.
“Davvero vedi il mio futuro? Questo è un modo come un altro per disporre di me. Se puoi decidere soltanto tu, ti prego di non essere cattiva con me, col mio fiato. Ma so che non lo sei. E via, vuoi che ti parli delle mie celestiali seghe …”
Subito!
“Ti rinsacco nel mio amore.”
Il desiderio come lievito metafisico tutta mi pervade. È uno struggimento indicibile. È come un’estasi che si fa di colpo agonia. Allora tutto mi duole e tutto mi tormenta e il desiderio mi comanda di essere folle, e più ti desidero e più mi manchi e più mi manchi e più godo del mancamento anche se è uno strazio, è uno strazio indicibile perché mai provato prima d’oggi, sto con gli occhi sbarrati e vitrei e guardo senza vederlo il cielo, tu sei l’astro nei mio lombi. Sei creatura arcana e inaccessibile ma a me intimamente familiare. Cosicché da lontano e per difetto io ti sento. E sentirti mi fa liquefare, come la transustanziazione. Voglio solo te. Ma non voglio prenderti io. Voglio essere presa. Perché se ti avessi voluto prendere l’avrei già fatto. Ma non voglio farlo. Devi essere tu a prendere me. Che non mi sono mai fatta prendere. E adesso ho paura. E non so se vinca in me la paura o il desiderio. E non so cosa mi abbia preso ma qualunque cosa sia non ci rinuncerò. Da te, dai tuoi silenzi che dicono ben più eloquentemente quanto non mi avresti mai detto, scaturisce una liscia, oscura ondata di dolorosa dolcezza che, ovunque sia, mi viene a cercare perché sperimenti quel genere di piacere cha fa già svenire solo a pensarlo.

(continua)

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