Al finale, la pallida sovrana delle Lettere degnossi inviarmi le sue preziose notazioni critiche attorno a troppa grazia, peraltro fresche fresche di pubblicazione sull’ultimo numero di Nuovi Tegumenti:

“Questa prova “erotica” certifica la grande levatura letteraria del Sacco, lo ratifica come Scrittore e lo glorifica come Regale Amante, a laterale conferma di una pregressa esperienza diretta, a causa della quale, la carne della sottoscritta, da buona testimone, ancora freme; ancora s’ingrossa, nel gabbiotto delle costole, il cuore mio. E qui siamo al topos: la fusione tra Arte e Vita. Ma poiché qui non si fanno recensioncelle giornalistiche, bando ai pettegolezzi appetitosi imbanditi dal critico per uccellare il lettore. Si passi alla disamina.

Pare, oggi, non siano in molti a percorrere gli stessi sdrucciolevoli sentieri praticati dal Sacco, e questi quasi da sconsiderato. Ma vediamo subito di quale avvertita sconsideratezza.

Modalità stilnovistiche afferrate e subito, con audacia, rovesciate, in quello che si potrebbe considerare un primo livello dissacratorio. La donna, angelicata fino a vederla come riflesso del “divino”, viene ad essere finanche contrariata. Ecco quel che accade, in queste pagine dense di secondi e terzi significati: Sacco assume il divino, o meglio, una sua (del divino) icona, per umanizzarlo/a, per farne il riflesso della Femmina. Impresa prometeica, come si vedrà, perché la madonna non è e non può essere Gesù, perché è donna che concepisce la sua carnalità come terreno di conquista per pochi eletti, dunque non può intendere la stessa carnalità, al par del Cristo, come dono all’umanità. Non è un caso, forse, che per queste ragioni (riducibili, al finale, alla diversità di genere) essa sia avulsa dal principio trinitario. E non è un caso che, come anche in questo racconto dal prepotentissimo sottotesto, gli eletti siano talmente pochi da esser rari, anzi da non esistere tout court. E non esistendo salvaguardano la natura “immacolata” di questa entità.

Le implicazioni filosofico-religiose testé svolte, derivano tuttavia da quella operazione principale, che è l’unica veramente erotica, che si sia compiuta nell’ultimo ventennio delle lettere italiane.

Molto diversamente dal film Paradise: faith, che pure si è citato a proposito di affinità con troppa grazia, non di ossessione religiosa si tratta ma di lenta scoperta dell’amore, e dell’amore, di un amore divino, in tutti i sensi, quindi anche nel senso religioso, quindi, da ultimo, della scoperta della fede come amore verso il suo Dio. La via a tutto questo, quel sentiero scabroso e periglioso cui si accennava, è certo inusuale e provocatoria, tuttavia a nessuno è dato di escluderla.

L’amore per la madonna nasce e si sviluppa in forza di un rapporto che di tutto si alimenta tranne che di dogmi, imposizioni, paranoie o sensi di colpa. In altri termini, gli strumenti tipici con cui la Chiesa cerca di affermare il proprio potere “nel secolo”, da questa narrativa sono messi al bando per far posto a credibili dimostrazioni di come il “sentire il sacro” sia il frutto di un’acquisizione progressiva, ovvero per manifestazione di caratteri, personalità e carismi, per naturale magnetismo, per irradiazione di “spirito”, pur essendo qui, la Madonna, un personaggio che si arricchisce di caratteri, man mano che il racconto procede, per attribuzione unilaterale di Angelo, nel suo crescendo di farneticazione, di delirio da “solitudine” e da “fatica”.”

(continua)

Beatrice Blasonai

Nuovi Tegumenti, n. 69, Dicembre 2012