paradosso formidabile e certificazione di un’agonia: costituzionalizzata l’autodistruzione della democrazia

A rigor di logica, dunque, il meno peggio sarebbe Il Popolo Della Libertà di Alfano e Berlusconi. Ma non essendo questa la mia logica, vado a spiegare perché non mi recherò alle urne né il 24 né il 25 febbraio. E cercherò di spiegare, inoltre, le ragioni del mio invito, rivolto ai lettori di questo blog e non solo, a fare altrettanto. Insomma, dell’opportunità dell’astensione alle elezioni politiche del 2013.

Il motivo più importante va rintracciato sicuramente nel nuovo articolo 81 della Costituzione, quello che è stato riscritto con obbedienza tipica di assetti totalitaristi - nonché una fregola superiore a quella di molti altri stati europei - a maggioranza qualificata da uno dei parlamenti più squalificati che la storia della Repubblica italiana ricordi, per ratificare un nefando trattato di matrice europea.

Per capirci, un Legislatore indecente introduce in Costituzione, rivelando una smania da cui per esempio i tedeschi si sono tenuti ben lontani, l’obbligo del pareggio di bilancio, conosciuto anche come Fiscal Compact. Ora, è bene che si sappia che il Fiscal Compact è un meccanismo che depotenzia drammaticamente, per sua intrinseca rigidità e per la severità con cui punisce i contraenti inadempienti (gli stati come l’Italia), la dialettica democratica; esso restringe a tal segno lo spazio delle proposte politiche, del dibattito, della (perché no?) creatività , dei programmi reali - quelli della propaganda elettorale invece, nel mimare un impossibile antagonismo, ignorano bellamente la questione - e della lotta politica, che resta davvero arduo parlare di possibilità di una scelta. Almeno un elemento decisivo, infatti, quello che va sotto il nome di politica economica, non sarà più oggetto di scelta. Perché va bene il rigore ma c’è debito e debito, c’è un debito persino auspicabile se serve a sostenere un certo tasso di crescita dell’economia, per cui vietare l’indebitamento tout court equivale a mandare a ramengo almeno una buona metà di pensiero economico prodotto in secoli di studi e comunque degno, al netto di certa ottusità politica, di essere, alla bisogna, preso in considerazione. Insomma niente più dispute, non più professori né ministri che discutono l’opportunità di condotte in funzione anticiclica, nemmeno la rozza contrapposizione tra keynesiani e monetaristi, neanche più Tremonti contro Visco (ammesso che siano identificabili con posizioni ben definite). Niente di tutto questo, a meno che i protagonisti della vita politica italiana non decidano, e lo stanno già facendo nella campagna elettorale in corso, di proseguire nella caricatura della lotta politica.

In definitiva, le forze politiche in scena non hanno alcuna possibilità di mettere in campo politiche economiche differenti e alternative e di farsi preferire ina base alla bontà della loro offerta.

Pertanto,io da qui, vi rivolgo il mio appello a non credere loro. Non credere a questa gigantesca finta messa su nell’ultimo mese in tutta fretta, non credere a queste volgari scimmiottature di contrasti, conflitti, opposizioni e dissensi più o meno radicali.

Non votare perché s’è capito che il voto di ciascuno di noi non è più significativo di alcunché, esso non può delegare alcuna rappresentanza, non va a comporre alcuna maggioranza né a insediarsi in nobili minoranze. Il Fiscal Compact lo rende un gesto inutile e per giunta dispendioso.

Accantonare ogni senso di colpa sulla rinuncia all’esercizio del voto. Il diritto relativo è già stato tagliato via, questa volta in maniera recisa e brutale. E dato in pasto ai cani. Colui che si presenta ancora oggi come convinto sostenitore del diritto di voto e compito deploratore dell’astensionista insieme, è, spiace dirlo, o un volgare ricattatore o uno che fa il suo gioco o uno che non ci capisce. Anzi, si ritiene qui che se c’è qualcosa che oggi ancora porta una domanda di senso e un valore politico, questa è proprio l’ASTENSIONE.

P.S. Ma ci fosse un pirla qualunque che urli in questa stronza campagna elettorale il solo punto programmatico che conti davvero qualcosa: appena dentro il parlamento si fa di tutto per attivare le procedure di revisione costituzionale dell’art. 81.