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È come sommare le pere con le mele, ce lo so

Speciali classifiche sacchiano/nicholiste limitatamente a quanto da me fruito nel 2012. Chi avesse voglia di esprimere un’opinione o un dissenso, è bene sappia che avrebbe senso farlo solo relativamente all’ordine e alle posizioni di classifica da me assegnate alle varie opere, e non per farci entrare quello che non ho letto né visto né sentito – si tenga presente, inoltre che il criterio ordinatore è assunto su base 2012 non in quanto anno di pubblicazione/realizzazione delle opere in parola, ma in quanto anno della mia personalissima ricezione. Tuttavia, chi avesse voglia di esprimere critiche e opinioni di varia natura, sappia che quelle che non hanno colleganza o senso sono anche più gradite delle altre.

NARRATIVA

  1. Moby DickHerman Melville
  2. Novelle RusticaneGiovanni Verga
  3. A caso –Tommaso Landolfi
  4. Questa è l’acquaD. F. Wallace
  5. Last Love ParadeMarco Mancassola
  6. I Malavoglia –Giovanni Verga
  7. D’un château l’autreLouis-Ferdinand Céline
  8. ReduceGiovanni Lindo Ferretti
  9. Todo modo – Sciascia
  10. Conversazione in Sicilia – Elio Vittorini

Maglia nera: Atti innaturali, pratiche innominabiliDonald Barthelme, Io e teNiccolò Ammaniti

LIBRI VARIA (Saggistica, teatro, altro)

  1. Sunset LimitedCormac McCarthy
  2. Lettere Luterane Pier Paolo Pasolini
  3. Passione e ideologiaPier Paolo Pasolini

Maglia nera: In vino veritasSøren Kierkegaard

CINEMA

  1. Faust
  2. The Sunset Limited
  3. Pietà (regia di Kim Ki-Duk)
  4. Il sospetto (regia di F. Maselli)
  5. Cesare deve morire
  6. Todo modo
  7. Un gelido inverno
  8. Hunger
  9. Dogtooth
  10. Drive
  11. Coccodrillo (regia di Kim Ki-Duk)

Maglia nera: L’enigma di Kaspar Hauser

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In between things

Ricondotto il titolo all’esperienza visiva dei suoi scatti fotografici, si vedrà come si tratti di una serie che mette in scena la prepotente tensione tra la volontà di ancorarsi alla realtà, alla cosalità, agli oggetti concreti della vita quotidiana, del quotidiano proprio, da un lato, e la necessità, direi anche l’urgenza, sul polo opposto, di distaccarsene, di sollevarsi da essi (oggetti quotidiani): quasi che avverta, Angela Stufano, l’insensatezza dell’esistenza degli stessi. Il risultato è “in between things, come un naufragio tra le cose (nelle quali cose sono compresi quei dettagli minimi e insignificanti cui lei stessa fa cenno), una deriva non priva di una certa dolcezza, uno scivolamento tra le cose che si fa appunto omaggio all’attesa, ai vuoti, ai silenzi. In quest’ottica, la prospettiva sbilenca diviene un dato di necessità: l’unica possibile da parte di chi osserva e sceglie il suo soggetto fotografico.

Ma Angela Stufano ci dice anche che protagonista, nei suoi scatti è non la cosa, non il dettaglio, non il personaggio raffigurato, bensì la transitorietà di tutto questo. Si tratta, probabilmente, di una transitorietà, di una condizione di passaggio, di una provvisorietà che, in qualche modo cancella le identità degli oggetti ma, si direbbe, soprattutto cancella quella degli individui, data la prevalenza di scatti in cui la figura umana è colta di spalle. Quasi a volerle negare un volto, cioè la riconoscibilità immediata.

Laddove invece un volto umano viene colto frontalmente rispetto alla macchina, lo sentiamo e vediamo timoroso, vergognoso, ritroso e comunque sempre tale da non farsi ritrarre nella sua pienezza.

Direi che questa tensione, che si annuncia anche come promessa di tormento e lacerazione, è il cruccio e l’oggetto di indagine prediletto di Angela Stufano. La centralità di questa dualità, il continuo interrogarsi e oscillare in questa bipolarità, è il segno e il tratto dell’artista.

Le rare volte che una donna appare col volto appena un po’ più visibile a rasserenato, non si esita a sentirlo come preda di un’ambigua e forse anche tenebrosa serenità. È il caso di un’immagine al cui centro c’è una donna alla quale potrebbe stare accadendo di tutto. Se vi soffermate sulla sua posa plastica, vi domandate di che si tratta. Di ascensione? O di un precipitare? O non proprio di una sospensione? E il vestito che indossa, sul pallore dell’incarnato, potrebbe benissimo essere un vestito funebre, un sudario, quasi a voler indicare un destino imminente ma anche uno sguardo luttuoso, addolorato come addolorata, davvero acconcia come una madonna addolorata, sembra essere la protagonista di questo scatto.

Al finale, o al principio, questo magnifico murale trompe l’oeil. Raffigurante un evento che potrebbe essere natività e visitazione, annunciazione e dono. Qui l’illusione dell’occhio dello spettatore, l’illudere cioè l’occhio di colui che guarda, stordendolo di e tra realtà e rappresentazione, si radicalizza del tutto. Ed è qui che, con ogni probabilità, ha inizio questo naufragio e questo derivare, nel senso dell’andare alla deriva, di cui sopra. Lo scivolamento dal vero al figurato, dal pieno al vuoto, dal concreto all’impalpabile, dal presente all’assente.

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un bel whiskaccio così …

… e il freddo lo senti scolare via dalle articolazioni che è un piacere

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ancondiscional lav

altri spot, letteraria

conversazione

http://www.mentelocale.it/17599-gli-scritti-con-rabbia-di-nicola-sacco/

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Mo’ mandate i marinai a trafugarmi le cartulae

Retrovisore cinematografico per una migliore speculazione sugli ‘80, questo il titolo del mio nuovo libro.

Citofonare esterno giorno. Che ve lo butto dal balcone. O ve lo butto ad ogni buon conto.

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troppa produzione

Ecco, sì, mi dicono concorra un film alla mostra del cinema di Venezia, Paradise: Faith, che sembra richiamare molto il mio troppa grazia.

Attenti tutti!, trattasi di un calco per immagini tanto servile quanto malaccorto del mio racconto, dunque sbagliato prima ancora che scorretto. Cavoli!, bisogna anche saper copiare, no? Ad ogni buon conto, le mie atmosfere girano molto al largo da certe turbe psichiche da moralismo calvinista, detta così … a lume, naso e orecchio. Invoco intervento della mia diletta Blasonai, la quale m’avea pur promesso un suo rendicontino critico di troppa grazia e, vedi caso, inviata in questi giorni alla Biennale di Venezia.

Vi si aggiornerà, miei posteri(ni). Quanto prima.

altri spot, diario di un giullare timido

racconti a coda di ratto

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fosse per lui, che splendido “desolamento”!

Metteteci un’arma (magari italiana anche quella) in mano e trasformiamo in oro tutto ciò che tocchiamo (sempre dopo aver convenientemente preso la mira). Tiri di spada oppure con l’arco o, ancora, con la carabina e non ce n’è per nessuno. Per un bocconiano che si rispetti, e che con quest’aggettivo non fa che sciacquarsi la bocca, o fa sciacquare la bocca ai media, nel mentre che occupa come uno squatter a rovescio il ministero di via XX Settembre, sarebbe ora di farsi venire l’alzata di genio per uscire dalla crisi: incentivi al ramo Assedi, oltre che, va da sé, completa liberalizzazione del settore. E via andare.

Invece no, non si rendono conto che il boom di antiemetici, rimedi che stanno spopolando da quando sulle cartule del gruppo Espresso impazza l’originalissimo conio “super-Mario”, il boom di antiemteici, per quanto abbia del prodigioso, non riuscirà a risollevare le sorti del P.I.L.

Super-Mario e le chiacchiere morte … Piuttosto, come dare torto a La Russa, il quale paragonò quella che avrebbe dovuto essere la straordinaria impresa di un “tecnico” a un’attività nella quale sarebbe riuscito un qualunque ragioniere contabile in pensione?

L’eccellenza nel colpire di fioretto, tornando ai giochi, ribadisce un’indole, un talento e una scuola che sono esse sì, e per davvero, eterne metafora e biografia di una nazione. Questo primeggiare descrive meglio, come si dice, di qualunque pensoso saggio, il carattere e i costumi del popolo italiano.

Non si vede, quindi, perché, votando un domani magari 5stelle, dovremmo farci immiserire l’esistenza dalla sua matrice culturale: il Grillo che s’appalesa ogni giorno di più come portatore d’una visione totalitaria della società e della vita dell’uomo. Per crederci. Ora ce l’ha con le olimpiadi delle multinazionali e con gli sport che nessuno conosce. Embè? Il fatto che molti di noi ignorino persino le regole di certe discipline sportive non significa però che le stesse vengano meno in dignità, nobiltà e bellezza fatte di gesti atletici e prestazioni fisiche che richiedono comunque sacrifici, scelte di vita, lunghi adattamenti, perseveranza, sofferenza, disciplina, sensibilità e anche cultura. Notevole cultura. Sono degli sport, ne hanno pieno statuto. E una filippica di Grillo tradisce il desiderio di azzerare tutto questo. Stai calmino, Beppe. Mi sorge il dubbio che tu non abbia gran titolo a parlare di sport perché non lo conosci. E si vede che non hai mai conosciuto neanche le gioie del federicocalcagnismo (o lo stupor mundi all’accademia del Bragagna) perché sennò, in nome delle nostre gioie nazionalpopolari, ti saresti ben guardato dalla scadere in questo malo modo “sovietico”. Ti stai impoverendo – non si capisce se è più malriposto o solo più preoccupante il moralismo con cui prendi a prestito un’immagine anche troppo risaputa, come quella della folla che aspetta e applaude i propri beniamini come semidei, per appiccicarla a una realtà che nulla a da vedere con quelle ragioni di biasimo che ebbero a sorgere un tempo per via della vagostraccionaggine di certi fessi che andavano (ma ci vanno ancora? boh) in Costa Smeralda per avvistare i VIP sugli yacht – hai bisogno di rifiorire.

Ma come, non ti procura un certo godimento vedere associato il metallo più prezioso alla bellezza di certi nomi (Avola, Aspromonte)? Per non parlare poi dello struggente Cassarà?

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Tiro con l’arco di trionfo

Arrivo giusto in tempo per assistere alla conquista del primo oro italiano alle olimpiadi Londra 2012. Frangilli da Gallarate fa 10 all’ultimo tiro di una battaglia sul filo di lana, tipo che si vince con una roba tipo 219 a 218, tiro con l’arco a squadre, finale con gli USA. Gli americani son tutti bei ragazzoni sanguellatte, di quelli che, vista la struttura fisica, sarebbero competitivi su qualunque disciplina sportiva. Gli italiani son pieni di trippe, hanno il pizzetto sale e pepe e l’aria paciosa, starebbero bene dietro lo sportello di un ufficio postale ad assillare i pagatori di IMU con la promozione dei nuovissimi prodotti finanziari BancoPosta. E invece no, hanno gli avambracci ‘nervosi’ e duri, l’occhio di lince, la glacialità necessaria. In seduta notturna sarebbero capaci di centrarti il buco del culo di una chicchivascia transitante da una fronda all’altra, ’sti qui. Avieri dell’aeronautica italiana nonché arcieri da primato, contraddicono, non senza qualche sorpresa, il cliché del mammone italiano – quando non nettamente superiore, dal punto di vista tecnico, rispetto all’avversario - incapace di reggere la tensione in gara e quindi sempre sull’orlo di un prolasso dei nervi, di un tracollo mentale, di un esaurimento psichico. Taluni rimangono ’sotto’ per sempre. Frangilli, Galiazzo e Nespoli invece stanno sopra tutti gli altri e ci fanno, peraltro e momentaneamente, secondi nel medagliere olimpico.

A margine.

Vista la cerimonia di apertura all’Olympic Stadium, ho capito che nessuna città italiana si vedrà mai assegnati i giochi olimpici almeno per altri 50 anni. Io non vedo nessuno capace di tirare fuori un discorso unitario dalla storia della civiltà italiana e mettere insieme, quindi, politica economia storia economia musica spettacolo letteratura scienze sport e orgoglio, tutto in una rappresentazione bella bella – si dica quel che si vuole – di 4 ore.

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) questo lo sa bene e finora è stato anche troppo misericordioso con noi.

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