A chi tutto e a chi niente
Rosario Crocetta, sindaco di Gela (CL) Pino Rana, sindaco di Modugno (BA)
27 Apr 2009 Nicola 4 commenti
Rosario Crocetta, sindaco di Gela (CL) Pino Rana, sindaco di Modugno (BA)
27 Apr 2009 Nicola 4 commenti
altri spot, diario di un giullare timido
Nel 2007 ho frequentato una scuola di sceneggiatura a Napoli, in piazza del Gesù. Organizzata bene, tra i docenti c’erano registi e sceneggiatori come Paolo Sorrentino, Antonio Capuano, Heidrun Schleef, Stefano Incerti, Giorgio Arlorio; produttori come Nicola Giuliano e Angelo Curti.
Tra i corsisti si formarono spontaneamente delle coppie di scrittori che avrebbero dovuto dare un saggio di sceneggiatura alla fine del percorso formativo. Io non ero in una coppia bensì in un trio, con tali Luca Liguori e Maurizio Palmieri. Inutile precisare che avevamo ben più alte ambizioni che mettere insieme un semplice saggio di fine corso. Tirammo fuori due soggetti, entrambi a uno stadio avanzato di sceneggiatura. Per farlo ci procurammo una sorta di buen retiro sino a Procida, una casetta con veranda dove sfornare le nostre idee in tutta tranquillità e senza distrazioni di sorta. Il febbraio 2007, per chi se lo ricorda, era caldissimo. Scrivevamo in veranda, cucinavamo pesce fresco di paranza andando a procacciarcelo direttamente dai barcaioli che rientravano nel porticciolo. Maurizio era dotato di un’ispirazione straripante e io e Luca dovevamo spesso limitarci a disciplinare o organizzare le sue idee a getto continuo.
Tra fortune alterne nel giudizio dei nostri insegnanti la scuola finì a maggio. Dopo il diploma ci diedero appuntamento al secondo livello, master che si teneva a Roma e al quale, per motivi di ordine economico e lavorativo, non potetti prender parte. Maurizio e Luca hanno proseguito e i nostri contatti si sono inevitabilmente rarefatti.
Maurizio Palmieri (come sceneggiatore) e Luca Liguori (come regista) sono, oggi, arrivati a Hollywood. Decretato vincitore il loro cortometraggio in un concorso a Capri, dopo aver ricevuto il primo premio dalle mani di Michael Redford e Mike Figgis, sono stati spediti ad Hollywood per la proiezione della loro La raccolta differenziata nella rassegna W Napoli, l’altra faccia di Gomorra.
Per me questa è stata una notizia pazzesca. Pazzesco è apprendere oggi che a un certo punto della mia vita ero lì, magari a quei livelli lì, senza saperlo. Pazzescamente sottile è la linea che divide la tua vita normale, fatta della consapevolezza di dover lavorare sodo, da … Hollywood. E comunque pazzesco è il fatto che oggi due miei amici siano arrivati fino a lì. Con tutto quello che comporta. Credo non poco. E tutto questo è, per diverse vie, una grande fonte di felicità per me.
Stiamo parlando non solo dell’altra faccia di Gomorra ma direi anche dell’altra faccia della raccolta differenziata. Laddove non arriva l’educazione civica ci arriva una maschera della commedia dell’arte (di arrangiarsi). Non le sirene ecologiste, non i tromboni delle tematiche ambientali, riusciranno mai a ficcare nelle teste di certe famiglie (molte) la necessità della r.d. bensì l’espediente, il raggiro, il paraculo. Ma l’altra faccia del raggiro a Napoli è la creatività, anche una certa perizia artistica, l’originalità, la recita, il teatrino, la tarantella: tutti fattori indispensabili affinché l’inganno riesca. Al finale, di una innocua presa per il culo resteranno i sacchetti della differenziata. Converrà usarli.
02 Mar 2009 Nicola 3 commenti
Dunque le candidature.
Per la pellicola meno riuscita abbiamo:
1) Gli angeli di Borsellino (peggiore attrice Brigitta Boccoli); 2) Il codice Da Vinci; 3) Tutti i Natale da qualche parte; 4) La vita è bella (ahimé - è la sondaggiocrazia, bellezza!).
Per la trasmissione televisiva più brutta:
1. La Talpa (2 voti); 2. Uomini e donne (2 voti); 3. Porta a Porta; 4. Amici; 5. La fattoria; 6. Guida al campionato; 7. Gande Fratello; 8. Tg4; 8. Lucignolo; 9. Annozero.
Per la categoria musica:
1. Per te di Jovanotti; 2. Tre parole di Valeria Rossi; 3. Dragostea; 4. De Andrè; 5. Gemelli Diversi; 6. Irene Fornaciari.
Per la categoria letteraria:
1. Ho incontrato gli extraterrestri di Romano Battaglia; 2. L’alchimista di Coelho; 3. Il nome della rosa di U. Eco; 4. Crimini italiani di AA.VV.; 5. Delitto e castigo di Dostoevskij (PORCA BLOGOSFERA!!!); 6. tutto Raffaele Morelli; 7. tutto Stefano Zecchi.
Una cosa per cui non vale la pena vivere:
1. Leggere le poesie di Sandro Bondi su Vanity Fair (2 voti); 2. La perfezione (2 voti); 3. Visco, Bersani, O. L. Scalfaro e Nanni Moretti in Italia; 4. Anna Tatangelo che canta su testi di Gigi D’Alessio.
25 Feb 2009 Nicola 7 commenti
Non l’accanimento terapeutico è un’inutile dilazione della morte.
Non solo.
Il vivere stesso lo è.
Si vive e ci si arrabatta, giorno dopo giorno, scissi e mutilati (spesso anche del cervello), solo per spostare il più lontano possibile da noi il momento della morte.
La morte è un dato di ovvietà.
E allora? Come la mettiamo?
08 Feb 2009 Nicola 13 commenti
Gli angeli di Borsellino è una roba che davvero indigna. Realizzato nel 2003 per ricordare anche il sacrificio degli agenti della scorta del giudice Paolo Borsellino cerca di spostare la lente su vita privata, sogni e frustrazioni della giovane Emanuela Loi. Ignobile la scelta di farla interpretare da Brigitta Boccoli. Uno strazio il risultato della sua recitazione, una squinzia disperata che doveva essere penosamente in cerca di un riflettore. Anche fulminato. Toni Garrani nei panni di Paolo Borsellino è nientaffatto credibile. Drammaturgia assente, ad essere comprensivi. Ma non si può davvero esserlo di fronte a una sciacallata del genere. Hanno preso l’eroico milieu del magisrato per trapiantarvi una trista adunanza di giovanetti pionieristicamente defilippizzati. Un’operazione invereconda. Da vedere perché sennò non si riesce a farsi un’idea della porcata autentica che è. Taccio del regista perché tanto non lo conosce nessuno e non vorrei essere io a correre il rischio di rilanciarne il nome.
06 Feb 2009 Nicola 17 commenti
Valzer con Bashir mostra come chi sia stato coinvolto militarmente, fisicamente, in una guerra e ne sia uscito più o meno indenne – ma mai davvero indenne, diciamo sopravvissuto – sia prima di tutto travolto da una scarica di rimozione tesa a cancellare ogni immagine del sangue, dei corpi tumefatti, dei brandelli di carne sparsi dappertutto, del terrore della morte che tutti provano e dell’orrore della morte che a tanti si è inferta. La banalità del male dal punto di vista della torretta di un carro armato, dalla quale si spara non mirando ad un bersaglio preciso e senza alcuna traccia di odio, tirando e basta perché è così che si fa. Non odio e non rabbia. Solo tanta paura.
Essere sopravvissuti a un conflitto armato, magari massacrando per non essere massacrati, porta alla rimozione come se questa fosse una necessità biologicamente imposta e alla quale segue, negli anni, uno sforzo di rielaborazione che altro non è che il cercare di riafferrare quel che si è dovuto espellere da sé. Certi uomini possono risultare talmente devastati da essere costretti a una censura del loro passato. Altri magari no. Penso a quelli che sono esclusivamente vittime o a quelli che non possono celebrare vittorie ma solo piangere vittime, oggetto di sopraffazione di altri uomini; questi uomini forse hanno una necessità più rabbiosa e impellente di raccontare (come è andata davvero), manifestano cioè l’importanza della testimonianza. Ma tra quelli che sono stati ad un tempo vittime e carnefici vi è una sottocategoria, di soldati semplici per lo più, che ‘deve’ praticare l’espulsione per non permettere a quella cosa agghiacciante che ci si porta dentro di rovinarti la vita; per non farsi schiacciare e guastare, per permettersi, infine, di continuare a vivere. E però poi vivere non si può più. L’incubo ritorna sotto forma di ventisei cani accecati dalla rabbia: ti braccano, ti aspettano, ti inseguono, ti ringhiano sotto la finestra di casa. C’è sempre qualcosa, un oggetto, un evento, una persona o una bestia, magari senza una relazione diretta con la guerra o con il passato o con la storia personale di un individuo, che cadendo del tutto imprevista è capace di spezzare l’incantesimo.
Cartone animato di fumetti, sagome macchinose che le senti parlare ma le vedi a mala pena muovere le labbra, siamo dalle parti, come scelta estetica, dei cartoni degli anni ‘70. Eppure una potenza evocativa, di quelle stesse immagini, formidabile. Nell’insieme un linguaggio nuovo, credo, ‘psicanalitico per immagini’, fotogrammi caricaturalmente essenziali per l’introspezione di chi deve risolversi i buchi neri della propria memoria.
Tre ragazzi fanno il bagno di notte in un mare sbalorditivamente calmo di fronte alla città illuminata dalle scie rossastre dei razzi al fosforo. Completamente nudi escono dall’acqua, lentamente si rivestono delle loro divise militari di fronte a uno spettacolo che sarebbe pirotecnico se a guardare non fossero quei loro occhi spenti, già ottenebrati dall’ottusità della guerra.
Questo è quanto racconta il film di Ari Folman, ed anche con una apprezzabile onestà intellettuale – detesto questa espressione tipica dei politici ‘piccoli’. Accusarlo si contraffazione della Storia per aver scaricato le responsabilità degli eccidi di Sabra e Chatila interamente sui cristiani falangisti è da stronzi che non hanno visto il film o non l’hanno visto bene. Anche se non fosse filologicamente corretto, come invece è, certi critici cinematografici dovrebbero sapere dell’impossibilità di fare bei film ‘a tesi’. Ma in certe redazioni non hanno ancora capito dell’impossibilità di stendere buone (utili) recensioni ‘a tesi’.
19 Gen 2009 Nicola 3 commenti
Le scuole di scrittura creativa sono doping letterario. Le loro regole, insegnate e applicate costantemente dai soliti furbetti del quartierino narrativo italiano sono colpevoli di drogaggio delle patrie lettere. Il doping letterario consiste nell’uso (o abuso) dei trucchetti del mestiere (di scrivere) allo scopo di aumentare artificialmente il rendimento del libro e le prestazioni dell’autore. Poco si sa degli effetti collaterali causati dalle sostanze fornite al testo mentre evidenti sono i miglioramenti in termini di statura culturale e risultati commerciali. Da precisare, tuttavia, che sul lungo periodo il doping letterario può arrecare gravi danni fisici e psicologici all’autore fino a causarne la scomparsa per anonimato. Il doping letterario dovrebbe essere reato e concorrere alla configurazione della frode culturale.
Tutto quello che le scuole di scrittura possono insegnare lo si può apprendere più agevolmente e senza sputtanarsi migliaia di euro da questi tre libri
(se proprio vogliamo!)
Tutto il resto che c’è da imparare è già nei libri indimenticabili della letteratura italiana e straniera.
13 Gen 2009 Nicola 2 commenti
altri spot, diario di un giullare timido, letteraria, minimi sistemi
Va bene, allora ci torno sopra.
Ammetto di essere calato al peccato. Sul mio altarino personale c’è Di Pietro che fa capolino da un santino dietro un cero acceso. Di fianco al santino c’è pure la tessera dell’Italia dei Valori. Sono stato dark a quindici anni. Grunge dai diciassette ai venti. Poi mi sono innamorato del teatro e di ‘un maestro’. Ho scritto un primo libretto per raccontare i miei vent’anni e i modelli che mi ritrovavo allora. Ghiandole si apre su un concerto degli Al Darawish (oggi Radio Dervish) nel centro sociale Brioscine Meridionali, che fu forse la mia ultima esperienza giovanilistica, ma non per questo il concerto non fu strafantastico con il cuore che mi si apriva e mi si fondeva con tutta quella ressa per la bellezza della musica e della festa. Cosa che non accadrà mai più ai Radio Dervish. Sono stato iscritto per troppi anni ad Economia e Commercio, fidanzato in casa per sette anni e pettinato con la riga a destra. Ho pubblicato Ghiandole pagando milleduecento euro in tre rate bimestrali. Mi sono dato definitivamente alla scrittura e lavoro all’Auchan per finanziarmi la passione. Poi sono arrivati i Racconti a vita bassa e Quarup e non voglio stare a menarla ancora con questo intrico splendido e nodoso. Da qualche tempo il tesseramento all’IDV. Ieri sera però ho visto questo film . La colonna sonora ha inevitabilmente risospinto la mente verso la mia adolescenza. Lo script invece me l’ha riportata sul mio presente e futuro di scrittura: la strepitosa asciuttezza di una vicenda narrata senza leziosismi e romanticherie, in un cupo bianco e nero (non poteva essere immaginato diversamente un racconto sui Joy Division). Tutto per me è monito di andare all’osso.
Asciugare io asciugo. Ma resta lo spasmo di Ian.
26 Dic 2008 Nicola 0 commenti
1. 2. 3. 4. 5.
1. Borgogna
2. Sette storie gotiche di Karen Blixen
3. Nerello Mascalese (rosso etneo)
4. Il cavaliere e la morte di Leonardo Sciascia
5. Primitivo (rosso terra di Bari)
17 Dic 2008 Nicola 1 commento