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funghi patogeni

Come imparare a camminare su un tacco 15 di fango durante l’attacco speculativo alla festa 40 /5

BLACK OUT! NO POWER! LE MANI A POSTO, NEH?!!!!

Sicuro che per Dorian Gray si trattava della conferma di un inemendabile, provinciale pressapochismo organizzativo mentre per tutto il resto dei partecipanti era solo un piccolo, trascurabile incidente che presto avrebbe trovato rimedio.

Ma chi lo andava a pensare che il magnetotermico stava messo nel Nevada?

I minuti passavano, la corrente non tornava, il festeggiato carambolava nell’oscurità dalle stalle ai casotti della servitù attraversando pantani e merdai vari, scandagliando tombini e aprendosi varchi col machete in una distesa di granturco, alla ricerca dell’interruttore bastardo. Gli faceva luce Tina Pica che aveva con sé, all’uopo, un cero da processione.

Prima di cominciare a parlare di attacco speculativo alla festa 40 sferrato dal Neu’antri Club e da tutto il cucuzzaro imperialista, si udirono svariate interpretazioni circa i motivi del black out:

  1. L’elettricità era venuta a mancare in tutta la regione per un guasto alla centrale
  2. L’elettricità era venuta a mancare in tutto il Mezzogiorno per un delirio di onnipotenza di Equitalia
  3. Il mondo aveva avuto un mancamento a causa del fatto che il Tissi s’era messo a scuoterlo con una potenza inaudita
  4. Gesù non voleva - che cosa non si sa, ma il tizio che non si riconosceva nel patto sociale pretendeva di terrorizzare le genti pronunciando quelle parole, sbarrando gli occhi e rantolando come un cretino. Pare che ’sto strambo sia riuscito a passare in rassegna tutti gli astanti col suo fiato apocalittico (anche perché, in segno di frugalismo, s’era messo a mangiare la biada del cavallo e ce l’aveva ancora fra i denti) e pare anche che fu proprio quando arrivò il suo turno di sorbirselo che DJ S’è Perso abbia maturato la convinzione di eliminarlo fisicamente.

Gli invitati ingannavano il tempo procurando un gran lavoro al mastro biberoniere Giorgio Kulashaker Mancino, il quale, avendo passato tanti anni in una cella di isolamento al buio nella Guyana francese, aveva imparato a fare al buio tuttecose. Solo, data l’altissima domanda di beveraggi alcolici, doveva far fronte al rischio scarsità delle risorse ricorrendo a “freeway cola, idrolitina, ben cola, frizzina, spuma, amaro dom bairo, liquore strega, grappa bocchino, crema di zabaglione zabov, mandarinetto isola bella …”, molte di queste bibite sottratte al corredo funerario dell’ultimo deceduto degli Alcolisti Anonimi di zona. DJ Tommaso Accroccodiconsonantiacasaccio’Erti decideva di contendere al Tissi la palma del più accanito bevitore della serata e andava perdendo a vista d’occhio la sua proverbiale compostezza. Presentato ad una ragazza, delirava “Come? Non mi conosci già? Io sono un noto scienziato adattamentista di Bari …”

Di ritorno dai campi di granturco a nord-est, il Vaccarelli attraversava il patio della villa trotterellando tutto impanicato in mezzo a capannelli di amici immersi in amabile cazzeggio che cercavano di strappargli una parola di speranza sul ritorno della corrente. Ma questi subito si ritraevano sgomenti per il pericoloso roteare di machete di quello.

“Prestami un po’ la tua durlindana” lo aveva pregato DJ S’è Perso.

“Non posso, Andrè, sono diretto verso i campi di cotone a sud-ovest. Mi serve ancora.”

Tale Sergio Rendina, sedicente intellettuale latouchiano, sdottoreggiava: “Bene così, dobbiamo tutti abituarci a consumare di meno. È la decrescita felice”. Il Vaccarelli, udite en passant solo le ultime parole del predicozzo, parve sentirsi insolentito. Ma come? Decreto CresciNico e compagnia bella per mettere su tutto questo caravanserraglio e lo stronzo se ne esce con la decrescita, per giunta felice???? ‘Sto cazzo! Tina Pica già faticava a tenerlo ché gli stava scattando l’ignoranza, tuttavia dalle labbra a cuoricino del Vaccarelli partiva uno sputo violento e teso che andava a dislocarsi nell’occhio destro del Rendina. E mentre la pastella biancastra gli colava giù dall’occhio lungo la guancia, la starlet delle Sacco’s & The City, infieriva sul Rendina: “Tu con le tue menate c’entri come il quattro di spade quando la briscola è a coppe”. Naturalmente, a sbiancare in questo modo l’intellettuale, non altri poteva essere che Briscola Donnadispalle Rida, anche se presentandosi ella di spalle e immersa com’era nell’oscurità, si sarebbe detto che il monito venisse dal nulla. L’eroina del fotoromanzo postmoderno stava imparando a mimetizzarsi coi buchi neri e, come tale, destinata a diventare oggetto di approfondito studio nonché feticcio e astro guida per DJ S’è Perso.

Vedendolo nuovamente allontanarsi, si poteva osservare il singolare fenomeno della fanghiglia che risaliva lungo gli arti inferiori del neoquarantenne. Ove mai la festa fosse ripresa c’era già chi stava pensando di ciulare le sfavillanti protesi gambarie in fibra di tungsteno di Angioletta Cuchy per poi impiantarle alla meglio al festeggiato così da permettergli di tornare a risplendere nel giorno della sua festa.

part five

funghi patogeni

Come imparare a camminare su un tacco 15 di fango durante l’attacco speculativo alla festa 40 /4

Ma non ci fu bisogno di alcuna smentita, presto fu subito chiaro che il capo-delegazione Tupac-Amaru doveva pervenire a completa integrazione dentro la festa 40. Non poteva mai esserci intelligenza col nemico. Il segnale? Più d’uno: la sua esagitata richiesta di pompare i volumi, le sue sgaloppate da un capo all’altro della sala come se davvero gli mancasse un cavallo di sotto al perineo e i suoi strazianti ululati invocanti “un cavallo! Il mio regno per un cavallo!!!”

Che il novello Riccardo III fosse pronto a svendersi le lotte per i diritti civili degli sfollati che s’era tirato dietro per riavere il suo fantomatico stallone? Gli amerindi già lo guardavano con gli occhi iniettati di sangue mentre il plantageneto ci teneva botta con uno sguardo iniettato di birra che, ahiloro, non voleva significare assolutamente un cazzo. DJ Ramòn Misteri allora si metteva a compulsare tutte le risorse del computer nella speranza che in qualche suo recesso fosse rimasta traccia di un mp3 degli Inti Illimani, un tentativo a capocchia così giusto per addolcire gli animi. Meno male che a ’sto punto si formava un coagulo di pura luce dal quale sorgeva una voce soave e soavemente intarsiata di una qual certa apprensione.

“Le beau cheval!” riversavansi miracolose onde sonore nei padiglioni auricolari degli astanti. “Mon cheval, qui l’a vû? Je vous en prie, dites-moi qui l’a vû!”

Marie- Soledad Sacco, la bella palafreniera, emergendo da un cappottino di pannelli solari, si mostrava ora nel suo bel vestitino di inquietudine con paillettes di tormento. “Ragazzi … (tra sé) Oddio, se ragazzi posson mai esserci alla festa di un quadragenario … Ok, ragazzi, perdetti mon cheval. Passò per caso di qui? Oh, mon dieu, sono disperata …”

“Tutti l’abbiam veduto, sta’ tranquilla. È di là, adesso, nella stalla, e uno che non si riconosce nel patto sociale, né tanto meno in questa festa, lo sta rifornendo di biada.”

Il cuore d’oro di Dj S’è Perso era accorso a consolarla.

“Posso fidarmi?”

“Sì ma non dirlo a quello lì” le fu indicato il tarantolato Tissi che ormai non ci sentiva più. “Se viene a sapere che habemus ciucciarellum quello lo monta e lo cavalca fino a finis terrae. Adesso divertiti. Vieni che ti offro un Ciobar.”

A scortare la disarcionata Soledad v’era sua sorella Briscola-Donnadispalle-Rida, attrice nel fotoromanzo Sacco’s & the City, reduce dal set dell’ultimo inquietante episodio “La briscola-La donna di spalle”, indove tra l’altro s’inaugura un nuovo seme nel mazzo di carte napoletane: dopo i denari le coppe i bastoni e le spade, siòre e siòri …. LE SPALLE! Ella s’era talmente calata nella parte che riusciva a dare le spalle a chiunque, in un vero e proprio numero da illusionista; nessuno, durante il baccanale, può dire, infatti, di essere riuscito a vedere il suo volto. Tutto il repertorio fotografico relativo al party ne è una conferma.

Benone, festone ormai a regime, dionisiaco il giusto. Ormai sono tutti in forno, dalle squinzie della casa dei cuori infranti ai campesinos, dal parentado assortito alle amicizie più sbagliate, liberi professionisti e randagi inguaribili sognatori dai calzini scompagnati, tribù di crucchi e ispanici, molta East Europe e un zinzino di teppa nostrana. Arriva finalmente DJ Tommaso Accroccodiconsonantiacasaccio’Erti con delle allarmanti scarpe antinfortunistiche ai piedi e la prima cosa che si mette a fare è auscultare i muri portanti della villazza. Mah … Che ce l’abbia fatta davvero, il Vaccarelli, a mettere insieme un po’ di sbalestrati?

Il dj set di Ramòn Misteri volge al termine. Si mandi a chiamare il secondo in scaletta. Ma Dj S’è Perso non si trova, nomen omen, vacabòia. Ma dov’è? Fate presto, si trovi il S’è Perso.

“È in bagno da mezz’ora” informa Dorian Gray come primo di una lunga fila di vesciche alcoliche smaniose di svuotarsi.

“Ohibò, che si stia sfruconando la bottega?” si sghignazza. Allora si prende a battere energicamente alla porta del cesso gridando “Dài, Andrè che tocca a te!!!”

La porta si apre lentamente e Dj S’è Perso ne esce compassato con un asciugamano torno torno alla capoccia.

“Scusate, dovevo lavarmi i capelli.”

Lo spingono verso la consolle che ancora gira l’ultimo brano di Misteri.

E in hoc signo BLACK OUT.

part four

funghi patogeni

Come imparare a camminare su un tacco 15 di fango durante l’attacco speculativo alla festa 40 /3

Sabato 14 gennaio 2012. Villa in campagna. Campo di gioco già saggiato, arato e infine messo a maggese del piccolo Rufus Rubacuori, un anno e mezzo di vita che corre e corre, compiendo ben 526 giri di campo e mettendo lo sbalorditivo record di un 1′ e 7″ netti. Benché incontenibile deve subire un tentativo di avvicinamento dei primi quindici invitati: chi vuole un bacino, chi immagina di arruffianarselo con pupazzetto Gordian riesumato da non si capisce quale piccolo mondo antico, chi pensa di comprarlo con delle biglie americane e il mitico pallocciotto, chi con i play-mobil versione pompieri, uno vestito da Uomo Ragno che per attirare la sua attenzione spara la ragnatela dalle dita catturando tutti i panzerottini della serata e facendo imbestialire il festeggiato. Risultato raggiunto in 52″ netti: Gordian impiccato che penzolerà sinistramente sulla testa dei DJ’s per tutta la notte; biglie americane, pallocciotto e panzerottini fatti ingoiare a viva forza ai primi sette invitati, l’Uomo Ragno spantegato su una parete, gli altri sette comunque saccagnati di botte per mano dello stesso Rufus. Qualche clemenza è stata usata ai play-mobil, spediti a fare i nani da giardino.

Luci basse e musica che prende quota. Che la festa cominci!

Manco la bocca devi aprire e la crescina prende a circolare aggratìs. Ser Gianga e Johnny Arthur Quonzarelli, tricologicamente svantaggiati di lungo corso, vi si avventano come erinni. Ramòn Misteri in consolle col compito di scaldare i cuori e aprire le danze. Subito un evento magico e atmosferico: irrompe in sala un sudato e fumigante puledro, che esce dalla porta sul retro così come è entrato. Tutti pensano a una spacconata del Vaccarelli per rendere la festa, la sua festa, più geniale. Applausi. Altri super-ospiti arrivano alla spicciolata: scoppiati del XX secolo e nouveaux bourgeois, sellerone, sgallettate e bellezze galiziane in ordine sparso, Dorian Gray e Tina Pica sospetti imbucati, la rosa dell’Albinoleffe al completo giacché in ritiro nel podere adiacente. Passaparola equivoco: è arrivato il peruviano. Molti credono trattarsi di fumo e già squadernano cartine. In realtà il peruviano è Filippo Tissi con indosso il tipico costume del gaucho e in evidente stato confusionale. Vaneggia di essere stato sbalzato da cavallo mentre guidava un corteo che manifestava per i diritti civili degli amerindi. Filippo Tissi è matto come un cavallo e mezzo. Infatti, fa il suo ingresso e dilaga sulla pista da ballo anche una delegazione di Tùpac Amaru. Giorgio kulashaker Mancino, mastro biberoniere, costretto a consegnare tutte le confezioni da tre di birra peroni perché los campesinos hanno da suonarle come flauti peruviani. Dorian Gray, sussura sferzante all’orecchio di Tina Pica: “Il terzomondismo del Tissi mi dà la nausea”. “E vabbuò, nun ce penzaje, mangiate ‘na sfugliatella” lo consola Tina Pica infilandogli una pizzetta in bocca. Senzuale.

Intanto si fa largo la convinzione che l’attacco terroristico sia già in atto. E Filippo Tissi sarebbe la quinta colonna del nemico.

part three

funghi patogeni

Come imparare a camminare su un tacco 15 di fango durante l’attacco speculativo alla festa 40 /2

Assise di stronzi dunque proprio no, tanto più che chiunque fosse presente quell’apocalittico sabato notte in cui si annunciarono tutte le nefandezze previste per il 2012, bene, chiunque fosse lì poteva apprezzare un bouquet sociale, ivi convenuto, straordinariamente variegato: dal lunpenproletariat dignitosamente (?) rappresentato dal Filippo Tissi al ceto medio riflessivo (incarnato dal ser Gianga) alla high society delle Sacco’s & the city. Financo un tizio, in rappresentanza della bohème più stracciona, che non faceva altro che ripetere di non riconoscersi all’interno del patto sociale e che è sparito dopo dieci minuti. Chi dice che s’è buttato nella lama dopo essersi fatto un negrone sbagliato (tiro molto mancino giuocatogli da Giorgio kulashaker Mancino mastro biberoniere), chi dice invece che DJ S’è Perso non lo ha retto più sin da subito e conducendolo in camporella col pretesto di mostrargli meglio certi protopianeti plutoidi allogati nella volta celeste, dietro un pitosforo gli avrebbe tranciato la giugulare servendosi dell’apriscatole che egli porta sempre con sé insieme con la confezione da 15 di carne Simmenthal. Nel caso sia buona la seconda, sono certo che il buon Andrea non abbia trascurato di avvolgere il cadavere in un bustone dell’immondizia pur di poter ammirare per qualche secondo l’epifania iconica di Lara Palmer.

Ma riabbobiniamo un attimo il nastro. Nei giorni che precedettero il fatidico sabato notte, si poneva come imperativo quello di non farsi condizionare psicologicamente dal pestaggio mediatico messo in atto dalle potenze buie della reazione. Ecco, quindi, nella sfarzosa magione nei pressi del diroccante teatro Santa Lucia, Andrea S’è Perso e Ramòn Misteri, nominati DJ’s secondo il discutibile nonché riformabilissimo sistema elettorale che va sotto il nome di Vaccarellum, sfogare i nervi in un penoso mercimonio di brani doppione. Ebbene, messe le scalette sul tavolo e scoperti i brani x, y, z in comune, scattava una riprovevole trattativa della serie: “Ti cedo x se mi dài y e z più la figurina di Bergomi al mundialito ‘82″. Ramòn Misteri, messo in condizioni di non nuocere grazie ad un’abilissima manovra laziana (un olezzo infernale di carne Simmenthal stracotta, sapientemente diffuso all’interno dell’abitazione giusto qualche minuto prima del suo arrivo), finiva per cedere su tutta la linea e già pensava di ripiegare su Enigma, Dragostea e Edward Maya feat. Vika Jigulina. Intanto l’ansia si tagliava a fette, c’era bisogno di conoscere anche la scaletta del dj festeggiato ma questi tardava ad arrivare. Infatti, appuntamento alle 21.30 e quello niente. Quando finalmente si presenta ha pure il coraggio di dire: “Mamma mia, non è da me, sono addirittura in anticipo”. S’è Perso e Misteri lo guardano esterrefatti e quello rincara: “Oh, sono le 21.25″. E i due: “Sì, sono le nove e venticinque ma di due giorni dopo. Quindi a questo punto il tuo dj set è saltato”. Meno male che restava pur sempre la performance del direttore dell’accademia del Santa Lucia, maestro Tommaso Accroccodivocaliacasaccio’Erti, forte della sua ventennale esperienza di giostraio jolly e tappabuchi, col quale si sentivano tutti più sicuri, anche perché c’era il tacito accordo di usarlo come scudo umano in caso di bombardamento da parte dell’aviazione degli imperialisti del divertimento uichendistico.

part two

funghi patogeni

Come imparare a camminare su un tacco 15 di fango durante l’attacco speculativo alla festa 40 /1

Essì che la voce imperversava tanto che l’invidia stava avvelenando tutti i pozzi notturno-danzerecci del comprensorio barese. Durante la prima metà del gennaio 2012, un imprevisto asse tra quelli del Neu‘antri Club, Haciendalisti e Nuovi Demodés s’andava raggruppando in una inedita Grosse Koalition per un’azione che ruotava tutta attorno all’approvazione urgente del decreto Salvasabatosera, il cui contenuto era però ancora coperto da segreto di provincia. Da fonti più o meno attendibili era trapelato solo che tale decreto nasceva per neutralizzare, se non proprio sabotare la festa 40 indetta da un irresponsabile Nicola Vaccarelli per festeggiare i meno sessanta dalla morte. Cotanto baccanale minacciava, sebbene ad accesso esclusivo per inviti e a numero chiuso, di far mancare invece il numero legale ovvero la bella gente alle serate organizzande dai rispettivi succitati soggetti promotori. Per tacer del rischio ‘infiltrazioni’ che, stante il tam tam sempre più febbrile sul web, s’andava facendo molto concreto, indi foriero dello sgradevole fenomeno degli imbucati in relazione alla festa 40, ma altresì e indi foriero di ben più sanguinose assenze in relazione ai consessi già calendarizzati dai giganti della scena alternativa. Montava, indi, una malevola propaganda con l’obiettivo di screditare, quando non proprio immerdare, il rito autocelebrativo del neoquarantenne – e si sarà capito che l’indie è come il maiale, dell’indie qua non si butta via niente, nemmeno il suo prefisso ‘indi’ suscettibile di essere letto come avverbio. I giganti, così facendo, mostravano un’incresciosa indifferenza, ma c’era da aspettarselo, verso il clima e lo spirito nei quali era maturato il decreto CresciNico istitutivo della festa 40. Cosa che avrebbe dovuto alquanto alimentare il dubbio che l’evento non fosse poi così autoreferenziale. Ma si sa, gli italiani, ancorché baresi, sono gente che odiano, e fu così che furono artatamente messe in giro puttanate sesquipedali, tipo che alla nostra festa, la 40, sarebbe in primo luogo circolata un’inservibile droga da pezzenti: la crescina.
In secundulum, altre cattiverie giù giù fino all’infamia, origliata da qualcuno, che “la festa 40? Macché! Quella sarà un assise di stronzi!”. Il che, detto da un aziendalista o, peggio, da un new anachronique, suona sempre molto ancien régime.

part one

altri spot, funghi patogeni, la miglior vendetta, le torsioni dell'anaconda, letteraria

sisifeide n. 2

affermo pasolinianamente, cioè, che la lingua mondadoriana (mi riferisco alla narrativa e agli autori italiani della scuderia mondadori), nella sua veste di facile parlabilità, nella sua essenza di fluente semplicità che del dire non conosce inciampi né rattrappi né sbalzi, è perciò la lingua della “cultura ufficiale”, la quale cultura, come la “storia ufficiale”, è scritta (con ciò intendendo: enunciata, espressa) dai vincitori. come tale essa rinuncia all’avventuroso, al piacere dell’escursione e dell’inatteso, abiurando così anche all’incursione nell’inatteso. in poche parole rinuncia all’invenzione. e non v’è chi non veda come questo fenomeno abbia ben poco di artistico. il “vincitore” letterario, o colui che ambisce ad esserlo, non ha che da non avere coraggio, non ha che da evitare di osare. PROGRAMMATICAMENTE. questa è la lingua del potere, lingua morta e lettera morta poiché di essa, e dei libri in cui è scritta, niente rimarrà. è, questa, una previsione talmente facile perché consegue dalla totale mancanza di metafora, di espressività e di valore simbolico, riscontrata negli oggetti osservati.

altri spot, diario di un giullare timido, festa della mamma, funghi patogeni, la miglior vendetta, le torsioni dell'anaconda, letteraria, minimi sistemi, riflessioni su due ruote, riquaderni dal carcere

sisifeide

la lingua non si staglia sullo scrimolo per proclamare la sua costernazione abbaiando alla sconcia italia. ci arriva appena, spolmonata e ascetica, sfiancata dalle impervie rampe. slombata la lingua che impara a “morire in bici”. s’acceca e si spaura quando che è al sommo, sicché la vertigine la ributta indietro. ricacciata giù per lo stesso versante appena scalato, tutta rovesciata e rattorta, ellalingua riattacca l’erta del dire le cose, ora anfanando ora cantando, quando imbestiando quando ricamando, ma sempre alla caccia della migliore adesione alla realtà (andata in fuga). non ha il gusto della pesca nel torbido perché non è ruffiana né cialtrona né puttana. la mia lingua. RAVB era cognazione d’affetti coi via di testa. e lo stesso l’Anaconda. sarà per il pessimismo di una visione della vita in salita ma almeno è costretta a ricercare la migliore funzione espressiva dei mondi che sceglie di narrare. ben altro che scrivere per mondadori! nevvero, saviano? nevvero, piccole editrici autodistruttive, fresche fresche del nuovo imperativo di mimesi mondadoriana?
nel momento in cui la lingua raggiunge la vetta sa che ha appena un attimo per gridare la sua invettiva congestionata, che poi non ha più tempo e deve rotolare giù a “svolgere il compito cui è stata chiamata” (direbbe qualcuno).
che fa lo scrittore, ancorché scrittore civile? non affronta l’arte di dire le cose, bensì l’erta di dire le cose.
e scusate se sono nicola sacco

diario di un giullare timido, funghi patogeni, riflessioni su due ruote

Libertà di una lavatrice

RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA INTERNO 12

Le passioni e gli appetiti della società degli uomini: Il Potere Vs La Giustizia. Il papa non serve che sia cattolico così come non serve che un giudice sia giusto. Uomini che sembrano troppo grandi e pesanti per la loro ossatura.

Televisione = società della scarsità delle risorse. I Cesaroni Vs Annozero. Scampoli di commedia all’italiana Vs scampoli di informazione.

Incartamenti di parole e altri peni pieni di euri e scadenze. La lavatrice. Una volta camminava. Non le avevo tolto i distanziali e lei camminava. Era uno spettacolo. Ansia di libertà di una lavatrice.

RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA ESTERNO 12

Una maledizione di guano nella stradetta, di pesce dalla pescheria vicina, di morti.

Di morti maledicenti, ecco, non più maledetti. Uomini morti sderenati da tali sondini che sembran vivi. Emanano odore di fiori incomparabilmente belli e marci.

RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA INTERNO 12

Il divano-letto-di-morte perennemente aperto. Piace Lance Armstrong stavolta. Non perché debole, no. Ma perché quell’uomo in bici recupera e ricompone la nobiltà dell’uomo, se esiste.

RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA ESTERNO 12

Sono di fretta. Mi mettono fretta. Mentre faccio delle cose un ragazzo sui trent’anni mi costringe a interrompere. Una corporatura troppo grossa e pesante per la sua ossatura, sembra uscito da un libro che sto leggendo. Una contrazione sulla faccia gli conferisce un’espressione sofferente. Come se soffrisse mostruose calure da generazioni.

  • Ma questo a che serve? – ha la pastella agli angoli della bocca e anche al centro delle labbra. Ogni volta che quelle si schiudono rimane una fettuccina di questa ricottina a far loro da esile congiunzione
  • Serve, serve – cerco di liquidarlo.
  • E come, spiega.
  • Ok, te lo spiego.
  • Eh, spiega, spiega.
  • Vedi questo? Qui ci devi inserire quello.
  • Ah, davvero? E che ci fai?
  • In questo modo ottieni questo risultato –, penso di aver concluso.
  • Come questo risultato?
  • Questo!
  • Ma quale risultato?
  • Quello che ti ho appena detto! – mi innervosisco.
  • E spiega. Spiega bene – mi fa con un’espressione tra l’implorante e l’ottuso.
  • Allora… -, e gli ripeto tutto quanto.
  • Ma come?
  • Ma come come? Così! -, sono spazientito.
  • Così? E come così? Spiega, spiega bene.

Ripeto tutto come un automa, mentre osservo le sue labbra rosse come sacche piene di sangue fresco e il filamento che ostinatamente si riforma e non si stacca.

Non è, però, il libro che sto leggendo.

funghi patogeni

Assente giustificato /4

“Allora, siccome potrebbe essere una prostatite”, azzarda una diagnosi il dottore, “mi devi fare un favore. Anche se tu senti la parte morta, ti chiudi qua dentro”, dice mostrandomi una delle porte che danno sulla corsia ospedaliera, “e vedi un po’ tu come fare: serve lo sperma. Me lo fai ’sto favore?” conclude con aria paterna. La porta mi immette in uno stanzino dove c’è una barrella. Abbasso lo sguardo. Disfo la patta e vado con la rianimazione di questo cencio preposto alla gratificazione sessuale. Mi accorgo subito che ci vorrà molto tempo e concentrazione da manuale del tantra. Ma succede che la porta si apre ed entra una figuretta verde dentifricio che manovra un bidone della spazzatura a rotelle. Personale infermieristico. “Oh, mi scusi!” fa. A me non me ne frega niente per tanto che sono scazzato nel senso letterale del termine, sgamato col bischero (che più bischero di così…) tra le mani affannate. Subito entra il mio medico credendo che abbia aperto io la porta. “Allora non avevo chiuso?” realizzo nel frattempo. E queste sono le parole di un povero cristo, lui intuisce e fa MORTACCI MORTAAAACCI!!! Infatti ho fatto un’autentica figura da offeso in mezzo al cervello non capendo che la maniglietta andava sì girata verso sinistra ma doveva anche emettere uno scatto, un clic per blindare la privacy. Allora mi conduce su per un altro corridoio alle spalle della predetta corsia. Ecco qua un’altra stanza: uno studio bello grande, forse il suo, non ho fatto caso alla targhetta. Mi spiega meglio come chiudere la porta; io me lo mangio con gli occhi, mi scappa da chiedergli: vieni tu qua dentro con me, due lappate e finisco tutto in un lampo. Non oso. Lui ripete: “Forza, fammi ’sto favore.” Devo essere apparso parecchio spaesato datosi che non ho parlato granché limitandomi a servire la patria, quella solenne entità che garantisce l’ordine di una comunità sulla base di coercitive urologiche norme concepite per la pronta riparazione dei guasti prodotti dal cazzo al cazzo nel cazzo sul cazzo col cazzo. Più o meno al centro dello studio medico sorge un tramezzo che nasconde l’ennesimo lettino coperto di carta igienica, per le visite. Mi sento molto penalizzato se poco poco penso che là fuori non si fa altro che attendere il mio versamento. Può essere che quando esco mi ritrovo un parterre di prima scelta, con tanto di claque fotoreporter e flash. Poi trovo conforto nel fatto che in fondo, se il sancta sanctorum non mi si fuma del tutto qualcosa dovrà pur significare. Anzi è proprio questa riflessione a rinsanguarmi. Ne beneficia il pistolino che ringrazia i neurotrasmettitori per l’irrorazione accordata. E adesso è uno show vederlo sprintare… a farla breve, alla fine della fiera, il referto medico parla di UREAPLASMA UREALYTICUM, POSITIVO PER MICETI E PROTOZOI, e inoltre LISTERIA MONOCYTOGENES: sono i batteri responsabili di questa mia iperprostatite che ha parecchio socializzato al venissage organizzato dall’Escherichia Coli (peraltro aumentato a cifre con sei zeri) per celebrare non so quale felice ricorrenza tra organismi gram-positvi e gram-negativi, già unitisi ripetutamente in convegno carnale. Allora faccio il matto per avere un consulto col primario della divisione urologica, dottor Birillo, il quale non trova di meglio che mettersi a sdottoreggiare su come non siano infrequenti i casi in cui una simile prostatite e un’infezione urogenitale diano vita a questo bel sodalizio. Ragion per cui, data una ripassata all’antibiogramma, si ricorrerà alla tetraciclina, un antibiotico clamoroso che dovrebbe radere al suolo tutto il vivere associato che mi si annida in panza. Una sprangata al fegato e al sistema nervoso centrale, da sciropparsi ogni dodici ore lontano dai pasti. E mi sembra che sia veramente tra gli antibiotici il più cazzuto. Come lo definiresti tu un medicinale indicato per il trattamento di: ASCESSO POLMONARE (a parte il fatto che quando sbocchinavo il mio piccolo tesoro gli aspiravo via tutto l’apparato digerente, risalivo a quello respiratorio e insieme raggiungevamo l’ASCESI POLMONARE), ACME (COMPRESI IL TIPO CISTICO E PUSTOLOSO), IDROSADENITI SUPPURATIVE, MALATTIA INFIAMMATORIA PELVICA, IMPETIGINE, LINFOADENITI, INFEZIONI DELLE FERITE, DIFTERITE, MENINGITE, SALMONELLOSI (PARATIFO), PUSTOLA MALIGNA, INFEZIONI PUERPERALI, BARTONELLOSI (MALATTIA DI CARRION), BRUCELLOSI, GANGRENA GASSOSA, GRANULOMA INGUINALE (DONOVANOSI), AMEBIASI INTESTINALE ACUTA, TULAREMIA, LISTERIOSI, PESTE (!!!!), TIFO PETECCHIALE, FEBBRE Q, FEBBRE DELLE MONTAGNE ROCCIOSE, RICKETTIOSI VESCICOLARE, FEBBRE DA MORSO DI RATTO, SIFILIDE, INFEZIONI DI VINCENT, FRAMBOESIA, COLERA, LINFOGRANULOMA VENEREO, PSITACCOSI E TRACOMA… Ma cistodidio, queste sono le peggio sciagure sulla faccia della terra. Mi vien fatto di pensare che se oggidì nel mondo imperversa tutto ciò magari i testimoni di geova fanno bene a bussare alla tua porta per chiederti se per caso ti sono venuti pensieri malevoli, per indagare se per caso hai mai avuto il desiderio di spaccare la faccia a dio. Il nesso trovatelo voi mò. E se penso a una REAZIONE DA IPERSENSIBILITÀ che potrebbe procurarmi un EDEMA ANGIONEUROTICO, il terrore, oltreché strizzarmi violentemente il tratto urinario mi manda lungo e disteso prima ancora di farmi boxare e catenare dalla MINOCICLINA CLORIDRATO.

Il dottor Birillo ha aggiunto che a questa cura dovrebbe sottoporsi anche il mio partner altrimenti non serve.

Io e il ganzopupo poi siamo tornati insieme tranquilli. Ora va tutto bene, lui già quando si alza la mattina mi manda un segnale: fa la faccia oggi ti scoperò con la bocca e io gli lascio cuoricini dappertutto ché lui così quando va a lavorare che poi torna, li vede così schizzati sui muri e si tranquillizza sul mio amore per lui. Solo un tarlo mi è rimasto: per analizzare la sborra esiste una procedura ben precisa, l’ho scoperto dopo. C’è un laboratorio un po’ più sofisticato dove tu vai apposta perché c’è un infermieruccio certosino, verdevestito pure lui, che con molto garbo ti chiede di sdraiarti su una barrella che al confronto con quelle di prima ti sembra un lettone FRAU con materasso EMYNFLEX, ti invita ad estrarre il joystick e con una cannula tampone che ti infila tra glande e prepuzio, proprio in quell’interstizio lì, scende giù giù a prelevarti una goccina. Questo è un metodo molto più scientifico di quello che invece è stato imposto a me.

Ora, quando ti chiedono di spararti una sega negli stanzini dell’umanità, pur essendoci un’alternativa più comoda, vuol dire che c’è qualcosa che non va prima nel dottore che impone coglionate e poi nel mondo tutto.

fine

funghi patogeni

Assente giustificato /3

Ci dividiamo: io torno a dormire a casa di mia madre.

Una sera poi proviamo a uscire e si finisce a mazzate, lui si ritira alle undici. Mi telefona alle undici e mezza: “Ho preso l’EN per dormire, bastardo!”. “Quante gocce?” “Non so, la dose me l’ha fatta zia Bice.” “E chi cazzo è mò ’sta zia Bice?” gli fracasso nel telefono. “Niente una mia zia molto comprensiva. L’ho chiamata io per confidarmici e per avere qualche consiglio.” Poi si riattacca con la solita lite. Lui mi fa scusa ma la terapia l’hai finita, no? E insomma la lagna è che io lo sto rimuovendo, che ho bisogno di altre strade e che dovrei provare a distrarmi.

“Tesoro, cerca di capire” sospiro di implorazione. Non so dirgli altro. In realtà la sintomatologia che accusavo ai tempi della batteriuria persiste. Sul glande corroso da un continuum torrentizio un bruciore promosso e tenacemente alimentato dal piscio in piena. Tutto questo mi fa l’uccello proprio privo di stimoli.

“Pupo guarda che mi sento ancora sintomi.” Potrebbe suonare come una scusa, l’ennesimo pretesto per dare un alibi alla mia latitanza sessuale. Poi capita non so come che sto meglio, cioè il cazzo mi dà una risposta anche grazie all’aiuto di video porno. Esco col pallino di scoparlo finalmente. Siamo al motel A-14, così giusto per provare nuove sensazioni, nel letto mi accingo a piantarglielo e a farmelo a sbafo quando all’improvviso mi prende il rogo: uno sbalzo di temperatura interna, una botta di calore. L’erezione che si traveste da metalmeccanico scioperante. La mazza mi fa da quattordici a cinque centimetri in due virgola cinque secondi netti. Depressione. Ma stavolta decido di non starlo neanche a sentire ché la fava mi arde crematoria, il baccello tutto mi brucia da morire e tutto si fa più preoccupante per me. Torno a casa determinato che l’indomani consulto un urologo. Infatti appena sveglio acciuffo l’urin tainer e procedo al travaso sifonandoci dentro un mezzo litro di rosso rosso (un sangiovese praticamente). Porto il piscio al policlinico per un’altra urinocoltura. Poi sotto una raccomandazione vado dal dottor Cirillo. “Dimmi tutto.” E vado con la descrizione. “Senti”, fa il dottore dopo aver ascoltato attentamente, “dobbiamo fare l’esame dello sperma.” Già mi scappa da ridere a ipotizzarne la procedura. Mi metto pure in allarme perché se dovesse chiedermi di dar giù di manovella sarebbe un vero carnaio per il mio organismo che già non mi s’attiva più con pupo, figurati come mi s’armerebbe questa mattina il cazzo mio bruciacchiato e lo sento proprio che è un cazzo sbagliato questa mattina e privo di sensibilità.

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