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le torsioni dell'anaconda

Uffici di pietà. Chi li nega e chi li svalvola

“Signore, prima permettimi di andare a seppellire mio padre”. Ma Gesù gli rispose: “Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.

Matteo 8,22

le torsioni dell'anaconda, letteraria

primarie vere

colui che scrive non sarà mai all’altezza di colui che muore

A. Camus

le torsioni dell'anaconda, letteraria

La cappella

Sì, in questa faccenda della caccia alle balene c’entra la morte – un uomo viene sbattuto nell’Eternità in modo ineffabilmente fulmineo e caotico. E con questo? Forse nella questione della Vita e della Morte abbiamo preso un solenne abbaglio. Forse quella che qui sulla terra si chiama ombra è la mia vera sostanza. Forse quando consideriamo le cose spirituali siamo troppo simili a ostriche che guardano il sole attraverso l’acqua, e pensano che l’acqua più profonda sia l’aria più sottile. Forse il mio corpo non è che la feccia del mio essere migliore. E dunque, prenda pure il mio corpo chi lo vuole, lo prenda gli dico, tanto non sono io. E allora tre urrà per Nantucket, e vengano pure quando vogliono una lancia sfondata e un corpo sfondato, perché la mia anima, neppure Giove la può sfondare.

Herman Melville, Moby Dick

le torsioni dell'anaconda

Pensare la vita

I vespilli dentro agli occhi, le loro uova tra le ciglia. Grappoli d’uova che gravano sulle palpebre e rendono intollerabile il mantenere gli occhi aperti. Un pensiero che si muove tra l’incoscienza e la biologia che resta. Vita pensa. Ancora qualcosa pensa e ricorda. Pensa alla vita della memoria, questa realtà di ricordi che come microorganismi guardati al microscopio ancora si dibattono, si affollano in un punto e poi si separano, corrono a pazza velocità e si schiantano contro le sbarre di una prigione, prigione alla quale l’involucro Vita, un tempo, prese gusto. Ricordarsi di quanti anni sono. Dieci anni che non parla con nessuno, a parte i monosillabi duri che si è riservata nel tempo per suo fratello e per sua madre. Dieci anni chiusi in casa e la materia da ricordare che vola via. Presto non c’è stato più niente da ricordare, solo l’immaginazione da far lavorare. Dimenticarsi di essere stata un membro della specie umana, un uomo. E immaginarsi di essere stata un tempo una donna. Ricordare e immaginare. Dimenticare e continuare a immaginare. È troppo, l’immaginare. Per avere presa sulla realtà, inesorabilmente sfumata negli anni, aveva immaginato ladri in casa, furiosi conflitti fuori, guerre di liberazione, disastri, apocalissi salvifiche. Countinua a leggere »

diario di un giullare timido, le torsioni dell'anaconda

adolescere

le torsioni dell'anaconda

atmosfera - forma- contenente - contenuto. che il disegno si compia

le torsioni dell'anaconda

il dì day morti

L'aver visto, oggi, tanta gente che scampagnava
verso il camposanto mi spinge a riproporre un brano
da 2 novembre, nonché primo capitolo del misconosciuto
capo d'opera da me lasciato ormai direttamente ai posteri:
 ***
*** (una bravissima artista delle mie parti, Luisa Valenzano, ha concepito e realizzato quest’opera su fascinazione de l’anaconda. L’anaconda e il sottoscritto, ovvi ringraziamenti a parte, si lasciano a loro volta avvolgere dall’ulteriore fascinazione che questo dipinto dispiega. Chi avesse voglia di sapere di più di Luisa Valenzano artista può cliccare qui http://luisavalenzano.jimdo.com/)

1998 - Campi uno, due e ter

Il due novembre, come sempre ogni due novembre, la gente s’andava raccogliendo attorno ai propri cari defunti, affluendo placidamente alle tombe. Folte comitive o sparuti capannelli, ma anche commosse solitudini, raggiungevano il proprio tumulo di riferimento per immergersi quindi nella ciarla dei più svariati argomenti. Si accosciavano sulle pietre, bivaccavano, si intrattenevano in oziose conversazioni.

Una donna, dopo aver appeso la sua borsetta a un ramo di cipresso, attaccava a parlare di un tale di sua conoscenza che ieri sera se n’era andato senza salutare. E coi suoi anziani famigliari ne faceva un caso infuocato.

Un uomo in giacca a vento rossa, con un velo di torba in faccia, i lineamenti rifatti dalla dispepsia, recava un mazzetto di semprevivi coi gambi avvolti nella stagnola e sforzandosi di sorridere raccontava a un manipolo di parenti quanto avesse mangiato pesante la sera prima. “Mamma santissima!”, andava ripetendo ogni volta che uno sbuffo da reflusso tipico lo ingrippava.

Si alzava, in definitiva, dal cimitero qualcosa che non mugghio di dolore bensì murmure di cazzeggio poteva ben dirsi. A conferma del tacito e generale convincimento che discorrendo in quel luogo, in un pigro e più o meno amabile cicaleccio, se non un disteso consuntivo quanto meno dei suoi minuzzoli potevano pervenire in qualche modo ad esser trattenuti presso i cari morti.

La narrazione degli avvenimenti che non li aveva visti protagonisti, o tampoco spettatori, perché né il Signore né in seconda battuta il Fato lo avevano voluto, il semplice racconto anche delle puttanate e una pregevole rassegna di estratti dell’oralità popolare contemporanea, finivano per restituire a questi trapassati, a questa stesa di buonanime, una specie di partecipazione a quella porzione di vita e di storiche circostanze che era loro sopravanzata. Ragguagli dovuti a una parata di ex persone individue.

Poco più in là, su un’antica facciata di loculi edificata sul finire dell’ottocento, e per questo ingiallita dal secolo e passa che era trascorso, un vecchietto più nodoso dei suoi conterranei e coevi ulivi picchiava ripetutamente il suo bastone sulla lapide di tale Cirone Antonia 1904 – 1991. Con una voce decrepita, come doppiato dall’oltretomba che pure lo accerchiava, la ricopriva di insulti: “Bastarda! Io te lo dicevo e tu non mi hai mai voluto ascoltare. Bastarda di una bastarda!”. Imprecazioni che più che suonare come blasfeme eccitavano l’ilarità dei visitatori più vicini alla scena.

Una scena che Innocenza Sblendorio conosceva a memoria poiché non di una prima bensì di monotona replica trattavasi. Countinua a leggere »

le torsioni dell'anaconda, letteraria

da un misconosciuto capolavoro

Quanti anni

Aveva sudorazioni notturne, pallore accentuato, mancanza di appetito. E al posto del torace una caverna dove un cagnaccio latrava rabbiosamente. Perdeva peso e il semplice muoversi per la casa era un gran dispendio di energie. Del peggioramento della sua salute incolpava quegli insetti. L’infido morso di quegli insetti che chissà come riuscivano a penetrare nella sua stanza inaccessibile a chiunque altro. Come riuscivano a insinuarsi nonostante avesse rattoppato la zanzariera era un mistero. Solo quegli esseri viventi, a parte Vita, nella stanza. E non pochi. Tanti ne entravano. Si mettevano a volare ossessivamente, ronzandole sulla faccia. Aveva provato, senza riuscirci, a sterminarli col Baygon. Sembravano esserini immuni e sfacciati, portatori di una loro urgente evidenza. Nel mentre che deperiva Vita assisteva, in pratica contemplava la costituzione di una vera e propria coscienza del necrophorus vespillo.

***

L’indefessa Splendar Puglia pur nel greve silenzio lavorava e soffiava il suo alito di gabinetto, lo soffiava perché si posasse come bambagia su tutto l’abitato.

Nella quiete di una notte d’estate, il cubo sfalsato e dolorante di via Veneto, correa la chiarità della luna rappresa nei muri biancheggianti, riusciva a trasmettere brividi di freddo all’insonne Seba. La vedeva serrata, quella casa, inviolabile, piombata come un vagone carico di ebrei. Le piante antisanti, cresciute a dismisura, più composte del solito però, a elevare qualche preghiera all’altare arcigno, intangibile come cosa sacra, cui si rivolgevano deferenti.

La ieraticità di quel momento fu lacerata da un’esplosione di musica.

… parlarti del mondo fuori, dei miei pensieri, e io dovrei … ma spiegami contro di me che cos’hai … aspettare che una donna diventassi tu … noi due nel mondo e nell’anima … la verità siamo noi …

La canzone dei Pooh irruppe nella calura silente della notte. In capo a una ventina di secondi fu però stoppata brutalmente.

Il fragore che avevo lacerato la notte continuò nel trapestio che proveniva dall’abitazione dei Germinario e dalle urla che risuonarono in una lunga sequela di bestemmioni sorprendenti e spaventosi.

“Che cazzo ti salta in mente, brutta stracciaculaaaaa!!! Ma che cazzo tieni in quella testa di merda, brutta ritardata schifosa, adesso la devi piantare con le tue stranezze, hai capito? Non ce la faccio più, non ti reggo più! Io devo andare a lavorare, la mattina mi alzo presto e tu hai davvero rotto i coglioni, rottame che non sei altro!”

La sorpresa e lo spavento erano dovuti al fatto che la voce che stava così orribilmente spolmonandosi, nonostante tutta una vita dedicata a curarsi il lessico, a coltivarsi un linguaggio da entomologo, a discernere attentamente tra elettromotrici e automotrici, a mettere attenzione al comportamento e all’inclinazione dei treni in curva con test spossanti di centinaia di ore, alla dovizia dei particolari di uno zodiaco di riferimento volutamente statico, alla corretta denominazione delle località e di ogni genere di segnaletica, alla fedele riproduzione di autorimesse, autosaloni, parcheggi, stazioni di servizio, motel A14, case cantoniere, montagnole, parchi, lampioni, passaggi a livello, caseggiati, complanari, coste, colline, pinete marittime, uliveti mandorleti vigneti e ciliegeti, cipresseti cimiteriali, interruzioni stradali per lavori in corso con tanto di martelli pneumatici e pupazzetti in tuta da lavoro e casco giallo, ecco, nonostante tutto questo, era inconfondibilmente la voce del figlio maschio di Innocenza a sgretolare tutte le sue organizzate particelle in quel fragore di bestialità. Non ci si poteva sbagliare.

Anche in lui la frustrazione aveva rotto gli argini ed eruttava in tutta la sua brutalità.

*** una bravissima artista delle mie parti, Luisa Valenzano, ha concepito e realizzato quest’opera su fascinazione de l’anaconda. L’anaconda e il sottoscritto, ovvi ringraziamenti a parte, si lasciano a loro volta avvolgere dall’ulteriore fascinazione che questo dipinto dispiega. Chi avesse voglia di sapere di più di Luisa Valenzano artista può cliccare qui http://www.artmajeur.com/luisavalenzano/.

le torsioni dell'anaconda

i sepolcri ingialliti

di nicola sacco

avranno inizio la sera del 29 ottobre, per finire la mattina del 31, i festeggiamenti in onore del mio compleanno (30 ottobre). il programma consiste in una maratona di 37 ore di letture sceniche e itineranti per le abiette stanzacce della mia casupola, aventi ad oggetto l’intera mia produzione letteraria, con particolare attenzione, ovviamente, al romanzo monstrele torsioni dell’anaconda“. un bellissimo attore (io) e una sovrana lettrice (ne sto provinando di ogni) vi guideranno all’interno dello straordinario mondo narrativo da me concepito.

ingresso libero.

portate le candele che io metto la pepsi e le patatine

le torsioni dell'anaconda

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