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letteraria

Proviamo a rispondere?

Ha o no, una sua funzione la letteratura? E se sì, quale funzione?

Parla o no, di verità, la letteratura? Ed eventualmente, di quale o quali verità?

Un libro deve rappresentare lo spirito del tempo o deve, al limite, riecheggiarlo?

Dove sta la qualità di un’opera letteraria: nel potere specchiante o nel mondo specchiato?

Si deve tendere all’identificazione tra l’opera scritta e la biografia dell’autore oppure sono due mondi completamente scissi? O ancora, esiste una terza via, un’altra possibile declinazione del rapporto tra libro e vita dello scrittore?

La scrittura che vita è? E la vita che scrittura è? “Mondo dei libri o libro del mondo”?

La sostanza è il plot o è lo svolgimento dei problemi dell’esistenza?

La forma si sceglie o si impone?

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Summa ludica

Redigo, per gioco, la mia personale classifica dei libri letti nel 2010.

Ho pensato così: tre sezioni, una per l’attualità narrativa, una per la saggistica, una per i classici, ed i primi 5 classificati per ogni sezione.

Benché queste griglie non pretendano d’essere niente altro che un bilancio (neanche molto esaustivo) delle mie scelte nella veste di lettore - e in quanto scrittore, lettore in caccia di oggetti particolari, per sentieri contorti quandoché imperscrutabili –, sarei altresì curioso di calcolare medie ponderate con le panoplie dei libri più amati dai lettori di questo blog.

Precisazione: la sezione attualità non è appannaggio di libri pubblicati esclusivamente nel 2010 e mischia gli italiani con gli stranieri. Inoltre, la stessa risente della penuria delle letture fatte sulle pubblicazioni più recenti, essendomi dedicato molto di più ai classici. Questa la ragione per cui figura il dimenticabile Sorrentino. E d’altra parte, al quinto posto meglio lui che la terrificante inconsistenza di Io e te di Niccolò Ammaniti.

Attualità narrativa:

  1. SuttreeCormac McCarthy
  2. Tutta mio padreRosa Matteucci
  3. Signore e signoriAlan Bennett
  4. Ragioni per vivereAmy Hempel
  5. Hanno tutti ragionePaolo Sorrentino

Classici:

  1. Viaggio al termine della notteLouis Ferdinand Céline
  2. L’AdalgisaCarlo Emilio Gadda
  3. Morte a creditoLouis Ferdinand Céline
  4. GerminaleÉmile Zola
  5. FuroreJohn Steinbeck

Saggistica:

  1. Le AntigoniGeorge Steiner
  2. Scritti corsariPier Paolo Pasolini
  3. Sensi vietatiMassimo Onofri
  4. L’ingegnere in bluAlberto Arbasino
  5. Come scrivere un best seller in 57 giorniLuca Ricci

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Io canto /4

«Or discendiam qua giù nel cieco mondo» /cominciò il poeta tutto smorto

Dovevo entrare in confidenza con lui. Dovevo farlo perché era stata l’Incoronata a chiedermelo. Alla notte veniva e diceva in una lagna celeste: «Le creature…, le creatuuuure…».
La prima cosa è stata cercare di capire chi stava dietro di lui. Chi ne era responsabile in qualche modo. Allora ho provato a chiederglielo. Della mamma. Ho cercato di essere cauta nel farlo, non volevo suscitargli cattive reazioni. Lui però non si è scomposto affatto, solo, si è stretto nelle spalle come per dire “chissà”.
«E fammi sentire: dov’è che abiti?»
«Sotto terra», ha fatto lui.
Sono andata a vedere dov’è che abitava. Mi ha condotta in un quartiere popolare, pieno di rosticcerie e di garages a pagamento, abbiamo svoltato in una stradina secondaria, poi improvvisamente si è arrestato, ha scostato col piede delle umide foglie di rapa, si è acciambellato come se voleva fare la cacca, ma non era possibile perché non si era abbassato i pantaloni. Invece ha sollevato una grata metallica e siamo scesi giù per una scaletta.
Viveva in un condotto fognario. Mi ha mostrato la sua stufetta, i suoi giochi, il suo giaciglio. Come mi veniva da piangere! Volevo piangere come aveva preso a piangere la Madonna sul dente guasto. La madonna di Marcianelle.
Dovevo fare di più per quel bambino.
Dovevo portarmelo a casa.
Ci riuscii.
Mio figlio mica la condivideva questa cosa di portarsi gli estranei in casa, che non si poteva mai sapere quale vespaio si andava a toccare e in che guai ci si andava a mettere. Ma che importava. Lui una bella famiglia ce l’aveva, una moglie bella e in carriera, una brava figliola che andava pure bene a scuola. A quel tempo abitavano proprio sopra a casa mia. Ma la verità, io non vedevo per quale motivo dovevo rinunciare al compito che mi era stato assegnato. Il sangue di Cristo non si era mica profuso invano nella flagellazione. Tanto più che Dàniel, pur accasatosi da me, non faceva altro che ripetere che non poteva restarci a lungo, che ormai aveva dodici anni e doveva fare la vita sua, cercarsi un lavoro e guadagnarsi dei soldi.
Dopo qualche tempo mi sorpresi a pensare che per me sarebbe stato doloroso lasciarlo andare. Tuttavia, sapevo bene che il nostro compito dentro al mondo era quello di accudire le creature per poi insegnargli come si deve vivere e non per assicurargli i nostri agi in eterno. Mi dovevo limitare a mettere Dàniel sulla propria strada. Sulla retta strada.

«l’angoscia delle genti che son qua giù, nel viso mi dipigne / quella pietà che tu per tema senti. / Andiam, ché la via lunga ne sospigne».

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Io canto /3

Frate Ruffino fu apostrofato “cattivello” da santo Francesco.

Diverse lingue, orribili favelle, / parole di dolore, accenti d’ira, / voci alte e fioche, / e suon di man con elle / facevan un tumulto, il qual s’aggira / sempre in quell’aura sanza tempo tinta, / come la rena quando turbo spira.

“Che c’è, Corrà?”
“Li hai sentiti anche tu quei rumori?”
“No.”
“Degli scoppi. Delle detonazioni. Delle urla. Come di qualcuno che combatte strenuamente col demonio.”
“Ma vattene a dormire, va’.”
“Ma come? E le voci? Neanche le voci hai sentito?”
“No. Che dicevano ’ste voci?”
“Ho sentito distintamente le grida. Si apostrofavano cosaccio e birbaccione!!!
“Ma vaffangule, Corrà!”

Ed ecco verso noi venir per nave / un vecchio bianco per antico pelo, / gridando: ” Guai a voi, anime prave! / non isperate mai veder lo cielo: / i’ vegno per menarvi a l’altra riva / ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo. / E tu che se’ costì, anima viva, partiti da cotesti che son morti”.

Il vecchio seduto sulla solita sdraio in cucina ripeteva che diluvia, che gli fanno male le mani, che un gelo mai sentito prima si è impadronito delle sue povere ossa. I geloni sono diventati piaghe che gli trapassano da parte a parte le mani. Che il demone con cui lotta è il principe delle tenebre, vero, ma nelle tenebre non ardono fornaci, non è vero che c’è un caldo insopportabile, anzi è vero il contrario: una gelatura insopportabile, questo è l’inferno, caro ragazzo. E il birbaccione con cui si scambia mazzate, a cui sferra cazzotti, da cui riceve calci in faccia e nel costato - vedere gli ematomi per credere – altri non è che il vessillifero delle armate di ghiaccio.

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soddisfazioni

Congratulazioni a Giuseppe Giglio, vincitore del premio Cardarelli con la Migliore opera prima di critica letteraria. Questo blog si pregia della sua collaborazione e di una pagina a lui dedicata.

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Io canto /2

Come fu che la divina, Beatrice Blasonai, addivenne alle pagine del Sacco.

Lo spiega lei stessa al mio amichetto immaginario al tempo in cui questi fu ratto in ispirito in lei medesima:

‘O anima cortese mantovana, / di cui la fama ancor nel mondo dura, / e durerà quanto il mondo lontana, / l’amico mio e non de la ventura, / ne la diserta piaggia è impedito / sì nel cammin, che volt’è per paura; / e temo che non sia già sì smarrito, / ch’io mi sia tardi al soccorso levata, / per quel ch’i’ ho di lui nel ciel udito. / Or movi, e con la tua parola ornata / e con ciò ch’ha mestieri al suo campare, / l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata. / I’ son Beatrice che ti faccio andare; / vegno del loco ove tornar disio; / amor mi mosse, che mi fa parlare.

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Due allievi crudi in compagnia di

Peter Genito, campano di origine e piemontese per caso, trapiantato a viva forza nella campagna toscana dove vive solingo nella casa di Ponte agli Stolli, professa un solo battesimo: quello nel dio dell’amore e nella forza dei versi. Erotopaegnia, scherzi d’amore è una raccolta dei suoi.

Ma con l’amore si scherza?

L’amore è l’arte sublime del non prendersi mai sul serio.

Quindi l’amore pervade ogni aspetto della vita?

Sì.

Quindi la vita?

Beh, sì, mia nonna Colarusso Antonia, detta Nannina, mi diceva quando da bambino piangevo: “La vita è ‘a mmanica ‘e giravita”. È un nonsenso tutto campano, viene da una donna che ho amato moltissimo, che racchiude tutto l’assurdo della nostra esistenza e che le mie poesie cercano di descrivere e di scongiurare.

Ti spaventa l’assurdo?

No ma sento di scongiurare perché l’assurdo è l’assenza di amore e la mia poesia intende supplire a questa mancanza parlando al cuore e allo stomaco.

In proposito potresti citare dei tuoi versi?

Da Come dalla gola “calcoli generi numeri / innumeri ingeneri rabbia / vendetta in me / che amo vivo soffro / senza numeri / senza freni / senza semi i mandaranci non li amo / senza remi la barca non va”.

Come definiresti la tua poesia?

Con due aggettivi: rancorosa e parenetica.

Prego?

Esortativa.

Verso chi?

Verso chi l’ascolta, non certo verso l’autore. Il mio riferimento letterario è Edoardo Sanguineti. Vorrei saper giocare come lui con la lingua. Cerco di sorprendere il mio lettore giocandogli in contropiede con le parole e con i suoni.

Ma alla poesia degli effetti speciali, se fosse solo quello, non mancherebbe decisamente qualcosa per arrivare al cuore e allo stomaco?

Da sempre la poesia è musica che origina e scaturisce dalla vita ma che se ne distacca allegramente. Ho smesso di credere da vent’anni alla poesia impegnata.

Peter, tu sei profondamente cattolico, vero?

L’avverbio giusto è “radicalmente”.

Lo sei sempre stato?*

* Un codicillo imprescindibile delle interviste condotte da Nicola Sacco prevede che queste debbano concludersi rigorosamente con una domanda dell’intervistatore, ovveromente con una risposta lasciata in sospeso.

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Vade(retro)mecum

Ci si diverte molto a leggere questa che finisce per essere una vera e propria riflessione sulle cose della letteratura. Non offre certo la ricetta per scrivere il best seller, anzi, s’indovina la risata liberatoria dell’autore mentre dissacra ogni teoria letteraria, smonta qualunque decalogo, infrange tabù, fulmina le pose d’autore.

http://www.ibs.it/code/9788842091004/ricci-luca/come-scrivere-best.html

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Minchia!

Scrive Beatrice Blasonai su Nuovi Tegumenti: “Gli scritti del Sacco sono invisi alla sinistra perché le sue escursioni nel mondo dei reietti e delle bassezze umane non indicano riscatti, nemmeno sotto forma di lapsus; nondimeno l’autore può piacere alla destra data la sua ostinazione ad imbastire le trame del Male senza ricorrere ad alcuna maschera. L’Anaconda non può che essere abominata anche in epoca postideologica, come quella che si prepara: troppo radicale la funzione espressiva adoperata dal Nostro!”.

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Io Canto /1

Per aver combinato una melmetta mefitica da cui non ci si districa, in cui si rimane invischiati, avvinti, prigionieri, costretti a stare bassi, risucchiati, disperati, a confrontarsi quandoché a impastarsi con quel che si chiama il Male (motivo per cui ebbi a discettare di livellamento spirituale verso il basso, cognazione d’affetti coi via di testa, pensiero e dedica continua ai perduti):

Ed una lupa, che di tutte brame / sembiava carca ne la sua magrezza, / e molte genti fé già viver grame, / questa mi porse tanto di gravezza / con la paura ch’uscia di sua vista, / ch’io perdei la speranza dell’altezza.

[...]

Vedi la bestia per cu’io mi volsi: / aiutami da lei, famoso saggio, / ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi.

Anaconda fu Lupa.

Per aver perseverato nella pleplea fino a spingermi ai bordi della grande voragine, laddove gironzola spaesato qualche morto mattocchio che qualcuno non ha ancora seppellito, mi figuro adesso il mio amichetto immaginario che mi consiglia per il meglio:

Ond’io per lo tuo mè penso e discerno / che tu mi segui, e io sarò tua guida, / e trarrotti di qui per luogo etterno, / ov’udirai le disperate strida, / vedrai li antichi spiriti dolenti, / che la seconda morte ciascun grida;

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