Archivi per la categoria 'minimi sistemi'

letteraria, minimi sistemi

desiderata platea

Approdo di demenza della nave dell’amore in un disegnetto brianzolo-italiano:

“La prossimità nonché il commercio delle genti e’ son grandemente appetiti dai vanitosi e da tutti quelli cui natura ha devoluto un temperamento narcissico: (indebitamente ritenuti sociali e lodati come tali). Della società non gliene importa un cacchio: e vi si destreggiano secondo la brama e la tecnica centripeta del più puro egoismo. Ma vogliono gli altri, li vogliono vicini e fisicamente presenti: e di una cotal presenza godono, godono: perocché la straripante carica erotica del loro narcisismo ovvero auto-erotismo ella necessita di una adeguata parete di rimbalzo cioè superficie di riflessione: di uno specchio grande, in poche parole. Gli umani funzionano per loro da specchio psichico: e, se essi talora li amano, soltanto li amano in quanto specchio lusingatore. Salotti, alberghi, piroscafi, e monti e spiagge balnearie e marciapiedi dell’avenida e caffè ne vanno in rigurgito di cotestoro: e dovunque ne incontri.

Il meccanismo autoerotico allogasi, qual più qual meno, in tutte le anime: nelle più ritenute  e modeste, nonché nelle ciarliere ed ingenue: come quelle del garzone del parrucchiere andaluso, venuto e trasmigrato dalle lontane sierre verso la sua straordinaria speranza.

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Nomen omen – ma funesto presagio

Un capabbascio terrificante è quello che ha preso la politica. Lo testimonio dall’osservatorio pugliese dove impazza il metodo “onomastico”. Mi spiego: uno dice mi ricandido perché ho fatto bene, un altro dice non mi avrete se si candida quello che si è autoricandidato, e il perché mica lo dice, basti sapere che si chiama Vendola; quindi Casini mai con Vendola, senza spiegare le ragioni del veto; analogamente predica Zazzera: no a Vendola per via di Tedesco – una solfa ripetuta fino alla dolenzia epididimale di tutto l’elettorato italovaloriale, non prettamente un ragionamento politico. Via, si può fare di più; allora si tira fuori il nome del sindaco di Bari Emiliano, perché Emiliano è Emiliano, un michelone grande e grosso, quale miglior nome questo territorio potrebbe mai esprimere per contendere a Nikita la liderscìp della coalizione dicentrosinistra senzaspazio tra la di e il centrosinistra? Countinua a leggere »

diario di un giullare timido, minimi sistemi

Le sentite feste della caldaia

“Mi scusi, vuole accettare questo biglietto da visita?”

Me lo porge con delle dita lunghissime. Mi ricordano la mano dell’uomo più alto del mondo.

Leggo: Guidalberto Maria Lassandro; e subito sotto: Protempore Azzecacarbugli. Proprio così.

Gli chiedo se è uno scherzo.

No, no. Lui risolve problemi, dice. “Sono un esperto di ex legis, inps, ius primae noctis.” Countinua a leggere »

altri spot, diario di un giullare timido, letteraria, minimi sistemi

“una sigaretta alla fine dei pasti…”, “fine del pastoo?!”

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mumble mumble

“Ma chi tocca Kafka, chi tocca Beckett, muore alla politica, è inutile che rifletta sull’uomo in quanto zoon politikon.” Questo afferma Alfonso Berardinelli recensendo Hamletica di un Massimo Cacciari indeciso a tutto.

Ora, non vorrei imbarcarmi in una cosa troppo più grande di me, e allora mi limito a porre ingenue domandine: ma Pinter flirtava con Beckett o no? Si può dire che Pinter sia stato uno degli esiti di Beckett? E la riflessione politica, vista la sua biografia intellettuale e civile, non è proprio uno degli approdi di Harold Pinter?

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Ma cos’è la libertà

Se è abbastanza chiara la concezione che Berlusconi ha del corpo delle donne e della donna stessa, lo stesso non si può dire dei leader del PD. Sarà mica perché di qua ci sono troppe Bindi in circolazione che si negano col secco rifiuto : “Presidente, io non sono una donna a sua disposizione!”, che i vari Marrazzo poi si buttano sui trans? Countinua a leggere »

diario di un giullare timido, minimi sistemi

Noi tutti stammo

noi tutti stammo in pericolo di vita a modugno
bisogna stare attenti io mi preocupo assai i
sto in pericolo tutti sanno in pericolo non
andate in giro nelle campagne di modugno e
pericolo anonimo

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Quando uno è capacchione

Bisognerebbe applaudire fino a spellarsi le mani ogni volta che Daniele Capezzone si sia cimentato nelle sue dichiarazioni, approvare la sua assertività, encomiarne la grande professionalità. Solo così può essere spiegato l’uomo: estrema professionalità. È stato chiamato a svolgere il ruolo di portavoce del Popolo della Libertà. E lui quello fa. Con grande preparazione, serietà e impegno.

Avercene.

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nonostante tutto

quel che si dice sul nostro presidente messo in mezzo

 nel torello

 dei giornali

 nel tornello

 d’avanzo

che nol vuole più al comando

io dico

di colui che è al timone

non è un ganzo

ma semmai

con rispetto parlando

 BERLUSCONI E’ UN RICCHIONE!

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Prima delle protesi e dei caballeros

Il mare di pettegolezzo antico è lontano una manciata di chilometri. Ma il pettegolezzo informa tutta la provincia, dove non si è mai stati abituati a dire la verità neppure sulle piccole cose. Ecco perché si diffida sempre, si diffida anche dell’onestà e delle passioni spassionate, disinteressate, reputandole travestimenti del solito tornaconto personale. Per conseguenza si cresce storti, nutrendosi di argomenti contorti, si viene su doppi e vili, ferocemente capaci di svilire l’opera buona. Pettegoli e miscredenti di qualunque benemerenza. Niente a che vedere con un salutare scetticismo o con una certa accortezza critica sui fenomeni del mondo. E su tutto una religiosità esteriore, buona per svoltare ogni cosa, ogni tragedia, ogni evento, in processioni e liturgie e celebrazioni. La vita manca, asfissiata dal cattolicesimo di facciata.

Tragedia non v’è mai. Nonostante il dramma della vita quotidiana.

Sentimenti urlati, come in caso di lutto, ma mai veritieri, mai che siano di quelli che innescano una reazione. Inerzia del sud. Gliela devo raccontare io a Bossi, anche se non se la merita. L’aria è satura di fiori che marciscono al caldo e dell’odore di popolo creato, nonostante tutto.

La libertà è una vertigine, e perciò, per non subirne i giramenti di capo e per non vomitare a nastro, la si appalta alla borghesia burocratica e ai preti. E si finisce col cappello in mano su antichi cisternoni seminterrati, sulle cui lisce e biancheggianti pietre sfileranno i politici per le loro autoconsacrazioni; si vegeta in perenne soggezione dei potenti distributori della carta bollata, delle certificazioni e delle raccomandazioni; oppure in inutile adorazione dei cristi illividiti sulla croce o delle addolorate fazzoletto paracolpi in mano. La parte migliore di tutta questa devastazione è che può capitare di mancare la tragedia anche per una certa capacità di commedia, cioè per un’infinita capacità di recupero. Possono: degradarsi il centro storico, sconocchiarsi le antiche mura, erigersi sputatori di veleni, immerdarsi le periferie, strozzarsi le viabilità, involgarirsi gli uomini, immignottirsi le donne (sempre onorevolmente, attenzione!), imminchionirsi i vecchi alle panchine sudice. Può terrificarsi un mondo, ma ci sarà sempre qualcuno a dire: eeeh, campe ‘u verme sotte o’chiancone …

È il trionfo del CANTACHETIPASSISMO. Nella rovina e nella bruttezza LA NOSTRA GRANDEZZA.

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