Archivi per la categoria 'minimi sistemi'

minimi sistemi

via le mani dalla pistola

Un antico palazzo di origine medievale, un grande attore modugnese, le più straordinarie eroine del teatro mondiale, lo spettacolo, i fantasmi. Colloquio con Roberto Petruzzelli.

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Che puoi dire ….

le torsioni dell'anaconda, minimi sistemi

e poi uno dice che non c’è più senso di vergogna

Nel paese dei ’senza vergogna’, della apparente scomparsa del concetto di vergogna - appunto -, su cui sono stati versati fiumi di inchiostro sui giornali e in saggi anche molto apprezzati, io vi invito a sfruconare senza risparmio, e d’altro canto mai come in questi giorni le televisioni ve ne danno una ghiotta opportunità; vi invito cioè a scoprire come quella vergogna sulla cui scomparsa tanto si almanacca per fustigare gli italici costumi, in realtà non è scappata affatto e anzi, infesta ’ste plaghe, resiste tenacemente in quadri d’ambiente impagabili, e come un canchero distorce, guasta, corrompe e divora, violenta e annienta vite. ché a buttarciselo dove la va vacca pare ‘na cosa diffusa un pò ovunque, ma ad architettare piani diabolici solo per preservare intatti “il buon nome”, “l’onore”, la reputazione, il rango e il prestigio della Famiglia, ovvero per sfuggire alla vergogna, all’onta, al disdoro, ci si mette di buzzo buono solo da queste parti. e su questo tipo di nevrosi io ci ho fatto perdere l’udito a una Gerardina e, niente niente, l’amore materno e il ben dell’intelletto a un’Innocenza.

Almeno non andrò soggetto alla critica di inverosimiglianza.

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il centro del mondo, per qualche giorno

Quando l’estate si fa a tempo indeterminato e nella controra l’umanità, laddove sia ferma ancora allo stato di cafona all’inferno (e ce n’è, sicuro e certo), è poco più che braciolame dentro alle case, in una fermentazione incessante, a formare un unico pastingolo coi tufi e l’aria e il cielo pesante, ci vuole un’abilità mica da niente perché un porcaccione, con del primitivo fatto a vacca in corpo, con l’aceto che risale in gola, s’arresti sul bordo della propria mente maiala, sulla soglia di un amore che t’ ha fottuto ‘a cheipe, come canta il poeta. Bisogna saperlo essere, fungère puèrche, accettare la propria solitudine e piangere dalla felicità contemplando il gran paciugo del mondo che non te la dà.

Bisogna venire a vederla la luce che diventa tenebra che assedia da ogni lato, questo paesaggio rivestito di paroloni come Pietra e Civiltà, tarlato dal carsismo e punteggiato delle abiette casupole. E i morticini dentro. Qua a strizzare gli stracci, impregnati di dolore. Qua a purgarsi del carognone. Qua a pregare.

diario di un giullare timido, minimi sistemi

Come s’impara l’italiano

L’aggiornamento sulle cose paesane impone la constatazione che l’epos de’ fognoli è ancora di là da venire, che tutto il trabiccolaio della smerdan puglia se n’infotte e anzi crede di poter ben menarci per il naso scatenando i miasmi nottetempo – quasi che alla notte alla notte nisciuno se n’avverte –, che molti son maledettamente impegnati a farne ‘na merda di paese schifo, tutti coi loro macchinicchi a grumi, a groppi di lamiere, a insudiciare, a imbellettare, a scaracchiare, a bucare ed appestare. Il Progresso è alle porte, anzi è già passato spetezzando, sua sorella Grande Fiatella s’è fermata qui, un puttanone lercio che ne conosce di giochini, per mille scorregge!, se non sa titillare … ‘orca!, se non ha capito come si erotizza ’sto consesso di coprofili …

Si sente, neh? Che ci ho soli quattro n’euri per arrivare a fine mese? Latrino d’un mondaccio appuzzonito!

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l’avamposto

Coltivo il sogno di un mio discorso a Ratisbona nel quale espongo il modellino politico da me coniato e ne illustro le positive ricadute sul piano sociale e spirituale. Ecco che sottoposto al vaglio mio medesimo mi pare proprio un programmino ben fatto: scorbutico per pochi (questo è inevitabile) ma di pronta beva per i molti che sono gli esclusi. Certo, questo progetto ha bisogno di essere integrato ed anche il sottoscritto si rende conto della necessità di allestire un tavolo al quale partecipino dei ‘volenterosi’ con lo scopo di pervenire alla migliore definizione possibile dell’area di esclusione. Nel passo successivo a questo lavoro preliminare per così dire di recinzione, un  gabinetto per questo formatosi dovrà essere impegnato nella individuazione dei più idonei punti di rottura nella recinzione così definita al fine di consentire opportuna regolarità  nel flusso in entrata e in uscita per la piena realizzazione dei ‘nostri ideali’. CHE SIANO RAGGIUNTI GLI ALTRI DALLO STESSO TRATTAMENTO RISERVATO A TE PER COSì TANTO TEMPO. Asetticamente, senza rancore, così che almeno io smetta di latrare alla sconcia Italia.

Adesso si risolva questo scherzetto o gioco o PARADOSSETTO DEL DISADATTATO (novello Dilemma del Prigioniero come messa a frutto dei miei antichi studi d’economia e commercio): Se, per amore dell’ideale da me propugnato, dovendo regalare ad un disadattato un mondo finalmente adatto a lui sono costretto a disadattare appunto il mondo …, allora che abbiamo fatto=?

Si raccolgono qui vostre adesioni e soluzioni.

Presto si potrà scaricare anche il software del (nel) gabinetto.

p.s. nel frattempo l’Emerito perì, portandosi le sue segretuccia nella tomba come si porta una tenia nelle trippule, e già il mio sogno era in frantumi.

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delirio ferragostano: un’idea per la Giustizia

Fondarla sul comportarsi con gli altri allo stesso modo in cui vorresti gli altri si comportassero con te? O non piuttosto farla risiedere nella possibilità che altri siano finalmente raggiunti dallo stesso trattamento riservato a te per così tanto tempo, magari adottando all’uopo un progetto politico basato su una pianificazione asettica, spersonalizzata e quindi emendata da sentimenti di rivalsa o rabbia? Vi sembra una barbarie? No. A me no. Anzi la via empirica del far provare ad altri ciò che si è dovuto subire per colpa di altri, che non giunga certo alla giustificazione della pena di morte (perché questo è il rischio), e dunque con raffinatissimo metodo politico, mi sembra alla fine della fiera l’unico modo di schiaffare ‘n capa al mondo l’idea di Giustizia.

E con questa considerazione ho zittito in un colpo solo la parte evangelica in me e un’annosa mia inquietudine per il nobel a Sen.

Andate in ferie. Prosit.

diario di un giullare timido, minimi sistemi

Disegnetto meduneo

La musogonia modugnese volge al clamore d’un epos de’ fognoli: la sistemazione idrica cui “eroicamente” pervenne al crepuscolo del 2010 - ad onta dell’azione cospirativa di un’urbanistica pastrugnatrice guidata per anni da giove congestionatore, coi ben noti risultati di edilizia perniciosa e circolazione automobilistica demenziale alquanto. Tutto ciò mentre si locupletavano le finanze dei costruttori e la vita gli scivolava dolcemente sottoculo e senza gran livore dei soliti pezzenti elettorali. Eppure già dal pleistocene inferiore la fognatura pluviale era già bella che sistemata, con tutte le acque ben inalveate in una testimonianza dell’antiqua azione erosiva osservabile ancor oggi nelle grandi incisioni della roccia calcareo-tufacea, cioè a dire nell’evidenza di inghiottitoi, lame e canaloni. Dalla natura, in altre parole, c’era solo da imparare e non già mettersi a contraddirla regolarmente credendo di colmare le sue falle. Si è ritenuto di ingorgare la bellezza di gravine e cave nella smania di riempire ogni buco. Questa l’essenza dell’industrialesimo meridionale. Fenomeno che nello scodellamento incessante di nubi letali potrebbe essere ascritto a una singolarissima forma di dipendenza battezzabile tossicomania per conto terzi. Curioso che tutto ciò avvenga in una modugnesità di cornice perfettamente in sintonia col sedicente federalismo leghista: ragioni del territorio che involvono – non diversamente dal secessionismo padano – in provincialismo belluino, degenerano cioè in anarchismo da cortile appena contemperato da certo pianerottolismo balzellare. A guardar meglio poi tra le trippe e le medulle di cotesta cittadina si ricava come l’impressione di una spaventevole fistola in succhio dell’invidia, cosa che ovviamente macera e mantrugia anche i cervelli più fini saliti alla consiglierìa comunale, impegnati a posar la chiappa nel bel mezzo di un mercoledì sullo scranno posto alla confluenza tra Alterigia e Cupidigia, e una darsena di complotti a portata di culo (degli altri). E le consorti dai delicati lardelli, esemplari di donne di elevato sentire, a scovare presso “Tegumenti preziosi”, quei poliedri gemmanti che consentano loro l’esibizione di un più squisito sentire, per defungere a sera con la capa persa nella museale scrittura di “Nuovi Tegumenti”, credendo di rifulgere così pure anche nei propri breloques intellettivi, mentre nell’altra stanza badanti ucraine restano impegnate a spolverare la santità dei lari domestici e restituire splendore al tabù dei deretani più decrepiti e immerdati.

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sisifeide

la lingua non si staglia sullo scrimolo per proclamare la sua costernazione abbaiando alla sconcia italia. ci arriva appena, spolmonata e ascetica, sfiancata dalle impervie rampe. slombata la lingua che impara a “morire in bici”. s’acceca e si spaura quando che è al sommo, sicché la vertigine la ributta indietro. ricacciata giù per lo stesso versante appena scalato, tutta rovesciata e rattorta, ellalingua riattacca l’erta del dire le cose, ora anfanando ora cantando, quando imbestiando quando ricamando, ma sempre alla caccia della migliore adesione alla realtà (andata in fuga). non ha il gusto della pesca nel torbido perché non è ruffiana né cialtrona né puttana. la mia lingua. RAVB era cognazione d’affetti coi via di testa. e lo stesso l’Anaconda. sarà per il pessimismo di una visione della vita in salita ma almeno è costretta a ricercare la migliore funzione espressiva dei mondi che sceglie di narrare. ben altro che scrivere per mondadori! nevvero, saviano? nevvero, piccole editrici autodistruttive, fresche fresche del nuovo imperativo di mimesi mondadoriana?
nel momento in cui la lingua raggiunge la vetta sa che ha appena un attimo per gridare la sua invettiva congestionata, che poi non ha più tempo e deve rotolare giù a “svolgere il compito cui è stata chiamata” (direbbe qualcuno).
che fa lo scrittore, ancorché scrittore civile? non affronta l’arte di dire le cose, bensì l’erta di dire le cose.
e scusate se sono nicola sacco

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le intrusioni sensoriali dei morti

a voler tradurre la realtà “contro” le versioni mediatiche devo ammettere, visto il mio momento hegeliano, che il riformismo ottusamente perseguito dal partito democratico, con pertinacia solo apparentemente contraddittoria rispetto alla comune percezione di un soggetto politico amorfo e privo di identità e paralizzato da reticenze e assordanti silenzi, è il frutto più gustoso della politica italiana. il piddì, lui sì, nelle sue varie espressioni e nella storicizzazione dei modi assunti di volta in volta, una stagione politica dopo l’altra, è coerente come solo il personaggio di una tragedia può essere. e pazienza se, inscritto in un destino a cui non ci si può sottrarre, corre a rompicollo verso la sua estinzione. certi flippati e sciroccati di cervello, che dialetticamente agiscono dentro e fuori la creatura veltroniana, ne condividono la medesima sorte.

non può non essere così.

sono serio come serio se non addirittura sacro considero il motivo dell’amorevole cura per i morti.

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