Archivi per il mese di Giugno, 2008

diario di un giullare timido, minimi sistemi

in articulo mortis

Scusate, stavo imbiancando il mio sepolcro.

E nel farlo mi si è fatto dappresso un cappellaio matto che recitava a memoria un passo di Prezzolini:

“I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo. L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla e se la godono”

Secondo me non si poteva dir meglio. A questo punto, non so perché, ho smesso di imbiancare il mio sepolcro e mi sono messo a sognare la concessione di un loculo medio. Perché un loculo medio è per sempre. Non sia mai in campo. E invece di stolidi epitaffii, intesi a recuperare in memoria meriti e virtù mai abbastanza riconosciuti in vita, chiedo che sulla lastra ci si limiti ad aporre il mio codice fiscale.

Ma comunque è presto. Nel frattempo, tra il baloccarsi con la mediocrità e il tema della rimozione della morte continuo a vedere un legame chiarissimo.

Mi aspetto testimonianze che raccontino di una realizzazone nei fatti, ad ogni livello e in qualunque prospettiva, della lucida analisi prezzoliniana. Please.

riflessioni su due ruote

I PRIMI 5 KM

Quando la strada sale sotto le ruote e ci si deve alzare sui pedali

spesso arriva il momento della verità. Pur trattandosi di sforzo fisico diventa necessario conservare la concentrazione, la mente deve mantenere la sua presa sul progetto di giornata. Quale che sia il progetto: mantenere la maglia rosa e quindi difendersi; conquistare la maglia gialla e dunque attaccare; portare a termine la tappa sapendo di non essere in forma, di essere giù di corda, di aver dormito male, di stare male per dissenteria, allergia, bronchite, ferite da cadute precedenti. Arrivare in cima a un traguardo posto a 2600 metri di altitudine, o concludere una tappa di di alta montagna che consta di 230 chilometri. Arrivare purchessia e fare di ciò un punto d’onore.

Al primo chilometro di salita, esce sparato come un proiettile lo scalatore andino che andava meglio negli anni scorsi ma da un pò si è come smarrito. Verrà ripreso in un amen e non riuscirà a stare neanche con i migliori. Comincia quindi il forcing della squadra che ha uomini in grado di darsi e aggiudicarsi un traguardo di giornata. Si alza il ritmo per scremare il gruppo, il quale comincia a sfilacciarsi, perdere unità. Al terzo chilometro di salita uno dei favoriti per la vittoria finale è in difficoltà, le gambe non girano, e allora meglio lasciarsi sfilare, scivolare indietro, salire del proprio passo che non si sa mai, magari ci si riprende più avanti e allora vi faccio vedere cosa vuol dire l’esperienza, il sapersi gestire le energie, conoscere i propri limiti. Nel frattempo quello che è un passista ha fatto magari la stessa scelta e il velocista si è già imbucato nelle rete, il gruppetto di ciclisti non specialisti della montagna organizzatosi col solo fine di arrivare sul traguardo entro il tempo limite.

Tra il terzo e quarto chilometro è già scolpita nell’epica la figura del gregario: è lui che sta operando la selezione dei migliori; le sue rasoiate valgono a condannare chi sicuramente oggi non potrà vincere. Magari tra pochi minuti magari le sue gambe forsennate smetteranno improvvisamente di spingere sui pedali e lui, svuotato, si lascerà scivolare indietro anche lui. Gli altri corridori dati per favoriti nel frattempo si studiano, si affiancano, girano il collo proprio per vedere che tipo di luce emana dagli occhi dell’avversario, che tipo di pena cova la smorfia del volto dell’altro. Qualcuno può sembrare più fresco degli altri, andare come se non ci fosse sotto le ruote una rampa del 16, 17, 18 %. Forse bluffa, forse no. Il guasconcello vorrebbe scattare mentre dall’ammiraglia gli dicono di aspettare, è presto, è prematuro partire così come lui vuol fare,  i chilometri son tanti e potrebbe pagare cara la sua avventatezza.  

Al quinto chilometro il gruppo è ridotto a una quindicina di uomini. Qualcuno dei campioni ha ancora compagni di squadra che lo proteggono, rispondono agli attacchi in sua vece finchè ce ne hanno. Si dice “non ne ha più” ed è una delle espressioni (per quanto invalsa e banalizzata dalla ciarla giovanilistica) più belle del ciclismo. Non averne più: ritrovarsi traditi e abbandonati da tutta la propria pienezza di atleta con dei muscoli, con della forza fisica, con dell’ossigeno, del carburante, che fanno secessione dal corpo lasciandolo solo involucro, simulacro di un pedalatore professionista, ridotto a nera esalazione di se stesso che deve pur concludere e lo farà con l’inerzia residua.

 

P.S. mazzi di fiori ad AURO BULBARELLI E DAVIDE CASSANI. E tra gli uomini di sport aggiungerei Marco Van Basten perché è un uomo integerrimo. Se ti dice alle nove, lui arriva alle nove. 

diario di un giullare timido, letteraria

VALE TUDO!

Da ‘mo vale:

 

Una sensazione di annegamento e di intrappolamento che ti blocca con sapiente presa articolare, a queste latitudini meridionali, magari proprio su queste strade, asfaltate solo in teoria ma sterrate dalla nostra corrosiva lordaggine. Le strade del mio quartiere con i palazzotti affetti da pustola maligna. Ma da chi ce lo facciamo rifilare il materiale edilizio noi? Questi edifici che scolorano, che di notte sbiadiscono il doppio, nella calda sera (anche novembrina), nei quali allignano e proliferano e prosperano e induriscono acaroni ormai antropomorfi che contendono lo spazio agli uomini, ci bevono financo l’amaro insieme la sera tardi, anche se l’uomo non vuole, però ci è costretto ingorgato com’è in questo eterno giro di giostra tra portabiancheria da svuotare e cuscinazzi impataccati di sugna fin dentro all’anima (de li cuscinazzi, s’intende) e ancora: graveolenze inossidabili, gravidanze nevrotiche, capillari schiattatissimi, birrozze stappate in ogni angolo della casa, frigni insopportabili, sorcioni morbidosi e discreti (a proposito, sareste in grado di ragguagliarmi sulle ultime dimensioni raggiunte dalla specie fognaria?), medicine affastellate sui comò di qulacuno che è stato maledetto e che i soldi a cui non ha saputo rinunciare adesso, appunto, giustamente, tutti in medicine se li deve cacare, pruriti tenaci, crocifissi sorveglianti e sorveglianti crocifissi da mogli, ieri lapidate, oggi vezzeggiate, domani riverite; puzze del gatto, ma ora basta! domani mattina lo porti a castrare - ma tanto di pisciare deve pisciare lo stesso - vabbè ma intanto glielo metti fuori combattimento, poi si vede… (che poi nel frattempo domani ti sparo due corna col ragazzo del piano di sotto che neanche te l’immagini come si vedrà bene domani il digitale terrestre, ché non sei stato neanche in grado di sceglierlo ché non prende un cazzo e finisci ogni volta per fare queste spese di cazzo ché se quei soldi li daresti a me vedi quante mila cose utili ti vado a comprare) e via discorrendo di questi scazzi che riempiono ’ste case affollate di vera tristezza, vera violenza, vero terrore, che ti viene voglia davvero di invocare un flagello biblico a ripulire tutto per rifare tutto da capo, ché non si vive così, non si fa così, non si parla così…

ma che, me la sto a prendere così?! ma se non si può avere un’apocalisse à la carte, almeno uno switch off…