Archivi per il mese di Dicembre, 2010

letteraria

Summa ludica

Redigo, per gioco, la mia personale classifica dei libri letti nel 2010.

Ho pensato così: tre sezioni, una per l’attualità narrativa, una per la saggistica, una per i classici, ed i primi 5 classificati per ogni sezione.

Benché queste griglie non pretendano d’essere niente altro che un bilancio (neanche molto esaustivo) delle mie scelte nella veste di lettore - e in quanto scrittore, lettore in caccia di oggetti particolari, per sentieri contorti quandoché imperscrutabili –, sarei altresì curioso di calcolare medie ponderate con le panoplie dei libri più amati dai lettori di questo blog.

Precisazione: la sezione attualità non è appannaggio di libri pubblicati esclusivamente nel 2010 e mischia gli italiani con gli stranieri. Inoltre, la stessa risente della penuria delle letture fatte sulle pubblicazioni più recenti, essendomi dedicato molto di più ai classici. Questa la ragione per cui figura il dimenticabile Sorrentino. E d’altra parte, al quinto posto meglio lui che la terrificante inconsistenza di Io e te di Niccolò Ammaniti.

Attualità narrativa:

  1. SuttreeCormac McCarthy
  2. Tutta mio padreRosa Matteucci
  3. Signore e signoriAlan Bennett
  4. Ragioni per vivereAmy Hempel
  5. Hanno tutti ragionePaolo Sorrentino

Classici:

  1. Viaggio al termine della notteLouis Ferdinand Céline
  2. L’AdalgisaCarlo Emilio Gadda
  3. Morte a creditoLouis Ferdinand Céline
  4. GerminaleÉmile Zola
  5. FuroreJohn Steinbeck

Saggistica:

  1. Le AntigoniGeorge Steiner
  2. Scritti corsariPier Paolo Pasolini
  3. Sensi vietatiMassimo Onofri
  4. L’ingegnere in bluAlberto Arbasino
  5. Come scrivere un best seller in 57 giorniLuca Ricci

diario di un giullare timido

sentitamente

torna dal supermarket con una bustina di risotto knorr, mezzo chilo di pane di altamura già affettato, una scatoletta di tonno. il suo cenino di natale. nello stesso negozio ha trovato e acquistato un libro di herta muller dal titolo che lui non poteva non trovare fortemente evocativo

minimi sistemi

via le mani dalla pistola

Un antico palazzo di origine medievale, un grande attore modugnese, le più straordinarie eroine del teatro mondiale, lo spettacolo, i fantasmi. Colloquio con Roberto Petruzzelli.

letteraria

Io canto /4

«Or discendiam qua giù nel cieco mondo» /cominciò il poeta tutto smorto

Dovevo entrare in confidenza con lui. Dovevo farlo perché era stata l’Incoronata a chiedermelo. Alla notte veniva e diceva in una lagna celeste: «Le creature…, le creatuuuure…».
La prima cosa è stata cercare di capire chi stava dietro di lui. Chi ne era responsabile in qualche modo. Allora ho provato a chiederglielo. Della mamma. Ho cercato di essere cauta nel farlo, non volevo suscitargli cattive reazioni. Lui però non si è scomposto affatto, solo, si è stretto nelle spalle come per dire “chissà”.
«E fammi sentire: dov’è che abiti?»
«Sotto terra», ha fatto lui.
Sono andata a vedere dov’è che abitava. Mi ha condotta in un quartiere popolare, pieno di rosticcerie e di garages a pagamento, abbiamo svoltato in una stradina secondaria, poi improvvisamente si è arrestato, ha scostato col piede delle umide foglie di rapa, si è acciambellato come se voleva fare la cacca, ma non era possibile perché non si era abbassato i pantaloni. Invece ha sollevato una grata metallica e siamo scesi giù per una scaletta.
Viveva in un condotto fognario. Mi ha mostrato la sua stufetta, i suoi giochi, il suo giaciglio. Come mi veniva da piangere! Volevo piangere come aveva preso a piangere la Madonna sul dente guasto. La madonna di Marcianelle.
Dovevo fare di più per quel bambino.
Dovevo portarmelo a casa.
Ci riuscii.
Mio figlio mica la condivideva questa cosa di portarsi gli estranei in casa, che non si poteva mai sapere quale vespaio si andava a toccare e in che guai ci si andava a mettere. Ma che importava. Lui una bella famiglia ce l’aveva, una moglie bella e in carriera, una brava figliola che andava pure bene a scuola. A quel tempo abitavano proprio sopra a casa mia. Ma la verità, io non vedevo per quale motivo dovevo rinunciare al compito che mi era stato assegnato. Il sangue di Cristo non si era mica profuso invano nella flagellazione. Tanto più che Dàniel, pur accasatosi da me, non faceva altro che ripetere che non poteva restarci a lungo, che ormai aveva dodici anni e doveva fare la vita sua, cercarsi un lavoro e guadagnarsi dei soldi.
Dopo qualche tempo mi sorpresi a pensare che per me sarebbe stato doloroso lasciarlo andare. Tuttavia, sapevo bene che il nostro compito dentro al mondo era quello di accudire le creature per poi insegnargli come si deve vivere e non per assicurargli i nostri agi in eterno. Mi dovevo limitare a mettere Dàniel sulla propria strada. Sulla retta strada.

«l’angoscia delle genti che son qua giù, nel viso mi dipigne / quella pietà che tu per tema senti. / Andiam, ché la via lunga ne sospigne».

altri spot, le torsioni dell'anaconda

Chill’ e ‘vvive!!!

È da quando mi si è piantato nella chiorba il motivo della morte implacata, o per meglio dire, la fissa per le circostanze in cui si manca clamorosamente di onorare comme il faut (non importa il rito scelto per questo) la cosiddetta dipartita, che vado ragionando sulle conseguenze della mala sepoltura e del complementare ma non accessorio, anzi decisivo e storicamente necessario apporto delle onoranze funebri. Al riguardo, può essere altamente illuminante, e comunque caldamente consigliato, il film Departures (vincitore del premio Oscar come miglior film straniero) il quale ha l’enorme merito, tra molti altri, di ripulire il tema da ogni goticismo (si può dire?) per puntare anzi con forza sull’elemento della tenerezza, ossia su quell’aspetto di inerzia e di totale mancanza di difesa che si può cogliere nella figura di un uomo morto. Se per i vivi diventa possibile, rispetto al momento del trapasso di un loro caro, questo tipo di approccio - e si badi , approccio che non rimuove affatto il dolore - allora essi vivi abbandoneranno ogni pregiudizio, e anche ogni superstizione, verso chi ha fatto una professione delle pratiche di ricomposizione e di vestizione della salma. Vedere nel film quanto amore si può imparare, quanta sapienza (per esempio nel lavare un cadavere) non sarebbe stata possibile in questo lavoro se il tanatoesteta protagonista non avesse imparato ciò di cui ho parlato fino alla noia in questo blog: l’amorevole cura per i morti.

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Io canto /3

Frate Ruffino fu apostrofato “cattivello” da santo Francesco.

Diverse lingue, orribili favelle, / parole di dolore, accenti d’ira, / voci alte e fioche, / e suon di man con elle / facevan un tumulto, il qual s’aggira / sempre in quell’aura sanza tempo tinta, / come la rena quando turbo spira.

“Che c’è, Corrà?”
“Li hai sentiti anche tu quei rumori?”
“No.”
“Degli scoppi. Delle detonazioni. Delle urla. Come di qualcuno che combatte strenuamente col demonio.”
“Ma vattene a dormire, va’.”
“Ma come? E le voci? Neanche le voci hai sentito?”
“No. Che dicevano ’ste voci?”
“Ho sentito distintamente le grida. Si apostrofavano cosaccio e birbaccione!!!
“Ma vaffangule, Corrà!”

Ed ecco verso noi venir per nave / un vecchio bianco per antico pelo, / gridando: ” Guai a voi, anime prave! / non isperate mai veder lo cielo: / i’ vegno per menarvi a l’altra riva / ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo. / E tu che se’ costì, anima viva, partiti da cotesti che son morti”.

Il vecchio seduto sulla solita sdraio in cucina ripeteva che diluvia, che gli fanno male le mani, che un gelo mai sentito prima si è impadronito delle sue povere ossa. I geloni sono diventati piaghe che gli trapassano da parte a parte le mani. Che il demone con cui lotta è il principe delle tenebre, vero, ma nelle tenebre non ardono fornaci, non è vero che c’è un caldo insopportabile, anzi è vero il contrario: una gelatura insopportabile, questo è l’inferno, caro ragazzo. E il birbaccione con cui si scambia mazzate, a cui sferra cazzotti, da cui riceve calci in faccia e nel costato - vedere gli ematomi per credere – altri non è che il vessillifero delle armate di ghiaccio.

letteraria

soddisfazioni

Congratulazioni a Giuseppe Giglio, vincitore del premio Cardarelli con la Migliore opera prima di critica letteraria. Questo blog si pregia della sua collaborazione e di una pagina a lui dedicata.

diario di un giullare timido, le torsioni dell'anaconda

Ascessi

elevato in ispirito, insensibile alle cose terrene, alle quistioni corporali, all’amor carnale, al secolo. grande santità. svolgo prieghi per le anime del purgatorio, digiuno, reco cerchi in ferro alla carne, parlo lugamente di dio, a satana cacogli in bocca. certe sirocchie mie seguitano l’esempio, conformandosi in cristo crocifisso e benedetto. se non predico sto mutolo.

mansueta l’anaconda, passa da un uscio all’altro e quando si parte da questo mondo grande compunzione nei cuori dei concittadini ché ellaserpe ricordava i miracoli miei.

ho le stimmate.

dio vuole cinquantamila euro per il riscatto.