Archivi per il mese di Marzo, 2011

le torsioni dell'anaconda

1998 - Campi uno, due e ter

Il due novembre, come sempre ogni due novembre, la gente s’andava raccogliendo attorno ai propri cari defunti, affluendo placidamente alle tombe. Folte comitive o sparuti capannelli, ma anche commosse solitudini, raggiungevano il proprio tumulo di riferimento per immergersi quindi nella ciarla dei più svariati argomenti. Si accosciavano sulle pietre, bivaccavano, si intrattenevano in oziose conversazioni.

Una donna, dopo aver appeso la sua borsetta a un ramo di cipresso, attaccava a parlare di un tale di sua conoscenza che ieri sera se n’era andato senza salutare. E coi suoi anziani famigliari ne faceva un caso infuocato.

Un uomo in giacca a vento rossa, con un velo di torba in faccia, i lineamenti rifatti dalla dispepsia, recava un mazzetto di semprevivi coi gambi avvolti nella stagnola e sforzandosi di sorridere raccontava a un manipolo di parenti quanto avesse mangiato pesante la sera prima. “Mamma santissima!”, andava ripetendo ogni volta che uno sbuffo da reflusso tipico lo ingrippava.

Si alzava, in definitiva, dal cimitero qualcosa che non mugghio di dolore bensì murmure di cazzeggio poteva ben dirsi. A conferma del tacito e generale convincimento che discorrendo in quel luogo, in un pigro e più o meno amabile cicaleccio, se non un disteso consuntivo quanto meno dei suoi minuzzoli potevano pervenire in qualche modo ad esser trattenuti presso i cari morti.

La narrazione degli avvenimenti che non li aveva visti protagonisti, o tampoco spettatori, perché né il Signore né in seconda battuta il Fato lo avevano voluto, il semplice racconto anche delle puttanate e una pregevole rassegna di estratti dell’oralità popolare contemporanea, finivano per restituire a questi trapassati, a questa stesa di buonanime, una specie di partecipazione a quella porzione di vita e di storiche circostanze che era loro sopravanzata. Ragguagli dovuti a una parata di ex persone individue.

Poco più in là, su un’antica facciata di loculi edificata sul finire dell’ottocento, e per questo ingiallita dal secolo e passa che era trascorso, un vecchietto più nodoso dei suoi conterranei e coevi ulivi picchiava ripetutamente il suo bastone sulla lapide di tale Cirone Antonia 1904 – 1991. Con una voce decrepita, come doppiato dall’oltretomba che pure lo accerchiava, la ricopriva di insulti: “Bastarda! Io te lo dicevo e tu non mi hai mai voluto ascoltare. Bastarda di una bastarda!”. Imprecazioni che più che suonare come blasfeme eccitavano l’ilarità dei visitatori più vicini alla scena.

Una scena che Innocenza Sblendorio conosceva a memoria poiché non di una prima bensì di monotona replica trattavasi. Countinua a leggere »

diario di un giullare timido

che finale!

diario di un giullare timido

l’immortalità del grafomane

Puoi credere di essere dipendente dal tuo PC, pensare che scriverai ormai solo battendo su una tastiera, magari afflitto da social network addiction, convinto di queste e altre stronzate. Ma sempre, sempre, tornerai a sederti a un tavolo, con carta e penna, per scrivere una lettera d’amore. Anche a babbo morto.

minimi sistemi

Chi mi manderebbe gratis in frantumi un malleolo?

È incredibile, ’sto cazzo di materialismo storico impedirebbe finanche l’unica lettura possibile della Shoah: la non lettura, l’impossibilità di un’interpretazione; accettare l’inservibilità di ogni strumento epistemologico reso all’istante vecchio, inutile arnese, di fronte ad ogni nuova strage in un campo di sterminio o alla metropolitana per mano di un fanatico sconvolto farcito di tric-e-trac, o di fronte al suicidio di massa in qualche fattoria deltempiodelsolediarchéondelreverendomoon.

No, cazzo! tutto si spiega invece, e tutto si tiene con l’interesse economico, la cupidigia, la brama di potere, l’accumulazione di ricchezza. E giù con le dotte analisi sempre più a vasto raggio, sempre più internazionali. Perché il locale è solo un riflesso di dinamiche molto più grandi di noi. Così grandi che la mente del giovane marxista, nel tentativo di comprenderle e farle sue (per farci cosa, poi?), scoppia. Risultato: uno sgarzolino via di testa in più a carico del sistema sanitario, del sim, del sert o non so che … Però purtroppo certi santoni resistono, seguitano a officiare liturgie oppressive con indosso i paramenti della moda corrente per non seminare terrore, e provano a riproporre in contesti autorevoli la solfa concettosa della struttura economica, della sua sovrastruttura, della borghesia mondiale et similia a tutte, ma proprio tutte, le categorie dell’esistenza.

Spesso cambia l’insegna dell’azienda o il titolo o l’editore del testo sacro ma sempre di genuflettersi e cospargersi il capo di ceneri al cospetto della Verità si tratta.

Enno, cazzo! dico io, verità un corno! Perché nulla sapete dell’abominio che chiamiamo Uomo, tutto ignorate della fogna del suo mondo interiore, delle sue proiezioni malate, tutto, tutto! Con ciò non intendo fare particolari esercizi di pessimismo sulla sorte dell’uomo che sbanda per calli e per merdai sul globo terracqueo, voglio solo dire che si può deliberare nel Male per qualche imperscrutabile ragione e che, sotto quest’aspetto, nessun reale passo avanti (l’eterno gioco dell’oca della vita) è stato fatto grazie a o nonostante le conoscenze acquisite.

minimi sistemi

ventate di freschezza

Tutti belli nuovi e profumati da ciucciarsi, seh … come uno stracchino nel tuo piattino … ‘no stracchino già ciucciato, nel tuo piattino di merda.

minimi sistemi

la semantica del Sacco

Il Sacco della città potrebbe anche esultare oggi per un successo cattoclericale che non lo riguarda se non per la parte in cui suggella un destino (che purtroppo invece lo riguarderà da vicino) già scritto nel suo cognome. Difficile sottrarsi a questo trastullo oggi. E altrettanto difficile, oggi, non constatare la tirannia di Eros e Tanathos, oggi, una giornata da preti scafati in cifre e scienze delle costruzioni. Cioè chierici specializzati in redditizi de profundis, impegolati all’inverosimile tanto nel laterizio mortuario quanto nell’omelia paracula prestampata dal parrocchione per aiutarti a mandar giù la polpetta avvelenata. Quanto all’eros, beh … quello è tutto mio ed è difficile dare un’idea del piacere che traggo mentre mi tocco il mio cognome guardando una città sempre più fetida e brutta.

minimi sistemi

la bella politica

Si dovrebbe ormai fare la politica che non si sa, tentando su due piedi un bandolo, ritrovando un io che stabilisca un capo e una coda, un individualismo, avete capito bene!, ovviamente di segno opposto a quello in voga di ’sti tempi (il quale è, a ben vedere, millantato individualismo, peggio!, strumento della spoliazione dell’io). Bisognerebbe ripartire proprio dal dire io creo e quindi io esisto (banalizzando: prendere coscienza di non essere dei vermicioni col sondino nasogastrico somministrato a capriccio dal maschio di stato o dalla picciocca ministeriale), in aperto conflitto con i bercianti filastrocche funebri, possessori di tutto che null’altro hanno da chiedere se non mantenere quel tutto per specchiarvisi, scaricando questa pulsione di morte, in cui consiste il loro mancato volgersi al futuro, sul resto della congerie umana per continuare a meglio depauperarla di beni materiali e immateriali. Questo ci vorrebbe, un nuovo e bellissimo individualismo che conosca prima di tutto la bellezza dell’autosmascheramento fino all’utodenuncia, fatta su pubblica piazza, della propria meschinità, cioè dell’abominio che chiamiamo Uomo. Bonificarsi dalla schizofrenia tra ideologia/catechesi professata e vita vera del sangue. Provare a officiare questa specie di messa purgatoriale, facendo allo stesso tempo il ministro di io e la sua pecorella, e alla luce del sole, non all’ombra di “materni confessionali”.

Dopo, solo dopo, cominciare a masticare l’ostia: non andare a carretta dei messaggi di salvezza, non farsi vicari del mito della purezza, non ancillari ad alcun vecchio potere, non portavoce di alcuno nuovo in via di solidificazione già oggi.

letteraria

L’Angelus

Quel che seduce del Comunismo, il supervantaggio per dirla tutta, è che un giorno di questi ci smaschera l’Uomo, finalmente! Gli toglie di dosso le «scuse». Sono secoli che ce la dà a bere, lui: gli istinti, le sofferenze, le intenzioni mirifiche … Che ci fa sognare per il gusto di sognare … Impossibile sapere fino a che punto riesce a imbrogliarci, il fesso … È il mistero dei misteri. Sta sempre ben in guardia, imboscato con ogni cura, dietro il suo grande alibi. «Lo sfruttamento da parte del più forte». Una licenza in piena regola … Martire dell’aborrito sistema! Un Gesù Cristo fatto e sputato! …

«Io sono! E anche tu sei! Lui è! noi siamo sfruttati!».

Ha le ore contate, l’impostura! Finita con l’abominio! Spezza le catene, Popòl! Raddrizza la schiena, Dandin! … Non può mica durare all’infinito! Fatti vedere una buona volta! La bella cera che hai! Lasciati ammirare! Esaminare! Da cima a fondo! … Si scopra la tua poesia, ti si voglia bene come si deve e per quello che sei, finalmente! Tanto meglio, dio cristo! Tanto meglio! Prima è meglio è! i padroni, che schiattino! All’istante! Putridi rifiuti! Tutti insieme, o uno alla volta! Ma subito! Seduta stante! Illico et immediate! Neanche un secondo di pietà! Di morte atroce o soave! Me ne sbatto! Ah, non sto nella pelle! Soldi per salvarli, tutta quanta la razza, non ce n’è più! Al carnaio, sciacalli! Nella fogna! Perché stare a gingillarsi? Han mai rifiutato, loro, quelle belve! Un solo povero ostaggio a Re Profitto? Macché! Macché! Manco per il cazzo! Vi capita sott’occhio qualche posapiano? … farlo fuori subito, a fiuto! Quando ci vuole ci vuole! È la lotta! … Star lì a pensarci? L’onore? … Non sono neanche divertenti! Sono sempre più imbranati, più coglioni del vero! Per farci qualche risata, bisogna metterli a capo sotto! …

letteraria

Macchine, carcasse e carcasse di macchine

Massimina è il buco nella schiena di una statuina rubata, il tarlo di un sistema che doveva spiegare una volta per tutte, e scientificamente, genesi e palingenesi dell’esistenza; questa meravigliosa figura di donna rappresenta la falla che fa naufragare il sistema di regole che si pretende presiedano all’ordine e all’evoluzione dell’Umano. È Massimina l’inceppamento della/nella macchina. Sempre Massimina ad ingrippare l’ente motore.

Come dai congegni automatici “si ottiene un rendimento che oscilla tra un massimo ed un minimo” e “così anche in ogni concetto”, questo libro spinge avanti concetti che presentano l’oscillazione tra un massimo dell’affermazione dell’amore e dell’amicizia e un minimo della loro negazione. “Due estremi che compongono contemporaneamente il risultato e che rinviandoselo l’un l’altro lo mandano avanti”. Come dire che mandano avanti una storia e un romanzo.

L’ambiguità piena di Anteo Crocioni non consiglierebbe di tracciare ulteriori specificazioni alla materia romanzata. Nella vicenda dell’essere umano che ci racconta per dritto e per rovescio come non sappia egli stesso che cazzo ci fa sulla terra e ciò nonostante accanitamente si interessa della sorte dell’uomo, egli uomo ci smena da un lato la volontà ordinatrice che spieghi le regole dietro le quali corre l’evoluzione, dall’altro l’insensatezza/follia dilagante fuori e dentro di lui, suo malgrado. Ma oggi chi affronta queste poderose tematiche nel Romanzo?

Sarebbe fuorviante giudicare Anteo tutto positivo e magari anche martire. Volponi delinea un uomo, e un sistema con lui, fallace come gli altri, come tutta la “povera umanità incagliata”. La sua accademia per l’amicizia di qualificati popoli fa acqua in più di un punto e a maggior ragione quando sconfina nell’auspicabilità di una società comunista. È di non poco momento, infatti, il brano in cui, messo di fronte al giudice, Anteo (che fino a quel momento aveva risposto per le rime a tutti) incassa un colpo mica da ridere visto che Volponi, con astuzia di scrittore, non fornisce al suo personaggio le parole per una replica puntuale al “presidente del tribunale” che gli va rimproverando la rigidità della società comunista. Lì l’autore lascia a noi d’immaginare come Anteo in qualche misura barcolli. Quel che importa rilevare invece è che il giudice gli rimproveri proprio la società perfettamente comunista, non solo le degenerazioni partitiche impennacchiate di comunismo. Countinua a leggere »

diario di un giullare timido, le torsioni dell'anaconda

Quando sento parlare di società in sonno metto mano alla bomba all’idrogeno

Verrà la guerra e sarà un sanguinaccio di poppammerda e soregegie insieme a tutti gli squarantottati e persi e alle sgallettate con
inutile scilinguagnolo. Si scanneranno peraltro mariesante rivenduglioli e gianfrulloni, e molti staranno a capa sotto. Sventreranno le casupole abiette. A vista: monconi di tubi di cesso dell’odierna società. Ad affiorare, come torme di ratte a ventaglio: quadrincatori d’elevato sentire, sudanti sangue e sgualdrinacce malvissute ormai bistorte. Un’apocalisse di crolli seppellirà vitemarie e punti corradi. E via andare … con la Storia.