L’Apocalisse di Pecoraro viene al principio
Lo straordinario, ribollente “zuppone vitale” di uno dei migliori romanzi del XXI secolo
Ripercorrere all’inverso anche il più esile rivolo causale, destrutturare la catena degli eventi, riducendoli ciascuno alle proprie unità costitutive (…) per individuare il punto esatto del non ritorno.
Dopo la catastrofe primigenia, dopo l’essere venuti al mondo, c’è il panico per qualcosa che nel venire al mondo ci ha invaso e che dispiegherà tutta la sua capacità patogena per corromperci e degradarci irrimediabilmente, per farci morire infine come morì Erode, “roso dai vermi”. E la vita è solo una campata di ponte verso la fine. Una toccante fine lunghissima che dura cinquecento pagine belle intense, fitte, turgide, pastose, barzotte, novecentesche, pop, insofferenti, cinico/comiche e altoromanzate.
(…) E questa è una dannazione, non c’è un appiglio, un chiodo piantato da qualche parte che funga da riferimento assoluto, da inizio del ragionamento (…)
La vita in tempo di Pace (Ponte Alle Grazie) di Francesco Pecoraro ha come pretesto la parabola di un tizio che, sedotto da “l’inaudita volontà di superamento insita nel ponte”, sogna col suo mestiere di arrivare a fare ponti ma al massimo diventerà un organizzatore di cantieri. Insomma, non riuscirà mai a realizzare il desiderio di diventare un pontifex. Al fondo, però, il libro è narrazione di tutto quel che residua dall’apocalisse iniziale, seminale e fondante come un Big Bang; il resoconto di un movimento trascinato, come di caduta evitata in caduta evitata, incardinato su di un prolungato, incessante, disperato sforzo ordinatore (tecnico e filosofico) dentro al caos del consorzio umano. Countinua a leggere »
28 Ott 2014 Nicola 0 commenti