minimi sistemi

Truce Baldazzi for President

Tocchino, i professori, tocchino. I professori tocchino i professori. Quelli al governo mettano mano alla sfera di quelli della scuola pubblica. Si tagli, si tagli pure l’istruzione.

E che minchia si scioperano questi?
La scuola pubblica, che si fotta!
Pura idiozia lo sciopero per uno sgarzolino. Egli deve scioperare quando la scuola pubblica funziona e lo omologa spaventosamente - si veda ppp in lettere luterane - non ora. Ora dovrebbe scendere in piazza di notte, a casinare a manetta, brindando allo sfascio della scuola.

E non venga a nessuno in mente di dire che oggi la scuola è molto diversa da quella conosciuta dal poeta. La divisione in classi, nell’odierna società, infatti, sussiste in quanto sussiste la scuola. Gli insegnanti sono una classe, marxianamente. Lo sa bene il pd che ha votato tutto il resto della macelleria sociale senza alcuna remora, anzi entusiasta della partecipazione a un’esperienza di governo di salute pubblica, mentre quando si profilano ritocchini anche solo pudibondi all’istruzione, si solleva e alimenta sollevazioni di piazza. Lo fa al solo scopo di conservare il consenso elettorale del corpo docente, mica per altro. E questo la dice lunga su una scuola che si riconosce nel pd. Dice, in sostanza, che la scuola oggi è infinitamente peggio di quella degli anni ‘70. E lo è non a causa dell’avversione di alcune fazioni politiche che l’avrebbero nel tempo contrastata e smantellata (bah!) ma per sua qualità intrinseca, per la sua oscena storia di presunzione pedagogica – la superiorità morale della sinistra (senza mai essere nominata) declinata in classe e capillarmente articolata sul territorio nazionale -, per il perbenismo come prima disciplina d’insegnamento da prediligere e alla quale riservare tutte le più raffinate tecniche plagiarie, per l’egoismo di classe e, in definitiva, per l’ipocrisia che dalla scuola origina e in tutta la vita di un cattocomunista, per tutta la vita, si riverbera.

diario di un giullare timido, minimi sistemi

mutatis mutandis, ti sono vicino

Massimo Tartaglia

diario di un giullare timido

quel che graffia dentro è crescere

minimi sistemi

Lasciate perdere il Bene. Una predica all’incontrario

Son maturi i tempi per passare dall’altra parte della barricata, schierarsi con l’illegalità e contro tutti i fenomeni di persone per bene.

Gente, unitevi nell’abominio e nell’abiezione, ammutinate le organizzazioni virtuose, sabotate il bene comune. Voialtri che ancora ci credete, speranzosi di buona volontà, io vi invito a salpare sul trimarano del Vizio per l’alto mare criminaloide. Capitanati dal mio Pensiero, vi assicuro una navigazione corsara per un approdo di illegittimità totale nella grande area portuale della Colpa della città di Infamia, nell’impero del Crimine.

Cominciate da subito le buone pratiche di delittuosità quotidiana: la domenica è dedicata a forare le ruote delle macchine dei vostri nemici. Ma se siete veramente mefistofelici, anche dei vostri amici.

Chi avesse voglia di aderire a cotanta disonorevole campagna, e non avesse la cittadinanza modugnese, può cominciare col chiederla al Comune di Modugno - sarebbe già a metà dell’opera, anzi no, sarebbe già proprio laureato honoris causa, propriamente qualificato in Mascalzonaggine di terzo livello (salterebbe in tal modo molti inutili passaggi formativi).

letteraria

un monologo fantastico


Don Peppino

Adesso i giochi sono fatti. Ormai siamo arrivati in fondo e non è più tempo di giochi. Questo è l’ultimo atto. Qui gli uomini compiono il loro destino. Se sono uomini. Se sono uomini d’onore. Portano a casa il frutto del lavoro che gli è stato assegnato. Questo è il momento in cui ci si distingue, nella capacità di raggiungere l’obiettivo, nella capacità che la nostra gente ha di concretizzare. Noi non vogliamo male a nessuno. Semplicemente siamo gente ostinata in un lavoro fuori legge, dicono. Va bene, ma fuori da quale legge. Chi l’ha fatta questa legge? Che senso hanno queste regole se poi risultano le uniche ad esserci contrarie. Perché la gente qui ci vuole bene, ci è grata, si rivolge a noi nel momento del bisogno. E questo è il posto e il tempo, il nostro posto e il nostro tempo in cui si danno risposte, e cose, e rispetto a chi ne ha bisogno … e le regole , la legge … cosa volete che importi. Noi una casa l’abbiamo costruita e in questa casa c’è un letto e un tozzo di pane, e un orologio per chiunque, lontano dalla propria terra, ne abbia il bisogno. Quello che vi occorre noi ce l’abbiamo, che problemi ci stanno? Dice: ma la contropartita qual è? Il rispetto. Nient’altro che il rispetto. Perché se c’è quello, io sono già riconosciuto (alza leggermente il tono della voce) perfettamente all’interno del patto sociale. E il sangue deve scorrere, comunque, necessariamente. Se non lo facciamo noi, lo faranno i nostri vicini, e se non loro, lo faranno altri, magari chi vi protegge, i tutori dell’ordine costituito (emette un sorrisetto sarcastico)

Siamo necessari. Tutti. Perché noi le cose le sappiamo fare: abbiamo la stoffa (Tony), abbiamo la trama, il racconto (Vince), la determinazione, la forza (Mike), abbiamo esperienza (piccola pausa) sappiamo sentire (Johnny), abbiamo il coraggio, le spalle forti (Tano e Frank).

Abbiamo un dovere verso le donne (Dolly), verso le madri (Jennifer), verso le figlie che saranno madri (Samantha), verso la famiglia e verso i bambini, di questo io voglio dire, di questo voglio parlare.

Ma le donne vanno tenute lontano. (Nick) Quando c’è da lavorare le donne rimangono a casa. Gli onori e gli allori dopo. Non mischiamo tutte cose, il mischio è pericoloso. Il risultato è ormai vicino. L’ultima goccia di sudore per una fatica che si chiama vita. (buio).

le torsioni dell'anaconda

atmosfera - forma- contenente - contenuto. che il disegno si compia

le torsioni dell'anaconda

il dì day morti

L'aver visto, oggi, tanta gente che scampagnava
verso il camposanto mi spinge a riproporre un brano
da 2 novembre, nonché primo capitolo del misconosciuto
capo d'opera da me lasciato ormai direttamente ai posteri:
 ***
*** (una bravissima artista delle mie parti, Luisa Valenzano, ha concepito e realizzato quest’opera su fascinazione de l’anaconda. L’anaconda e il sottoscritto, ovvi ringraziamenti a parte, si lasciano a loro volta avvolgere dall’ulteriore fascinazione che questo dipinto dispiega. Chi avesse voglia di sapere di più di Luisa Valenzano artista può cliccare qui http://luisavalenzano.jimdo.com/)

1998 - Campi uno, due e ter

Il due novembre, come sempre ogni due novembre, la gente s’andava raccogliendo attorno ai propri cari defunti, affluendo placidamente alle tombe. Folte comitive o sparuti capannelli, ma anche commosse solitudini, raggiungevano il proprio tumulo di riferimento per immergersi quindi nella ciarla dei più svariati argomenti. Si accosciavano sulle pietre, bivaccavano, si intrattenevano in oziose conversazioni.

Una donna, dopo aver appeso la sua borsetta a un ramo di cipresso, attaccava a parlare di un tale di sua conoscenza che ieri sera se n’era andato senza salutare. E coi suoi anziani famigliari ne faceva un caso infuocato.

Un uomo in giacca a vento rossa, con un velo di torba in faccia, i lineamenti rifatti dalla dispepsia, recava un mazzetto di semprevivi coi gambi avvolti nella stagnola e sforzandosi di sorridere raccontava a un manipolo di parenti quanto avesse mangiato pesante la sera prima. “Mamma santissima!”, andava ripetendo ogni volta che uno sbuffo da reflusso tipico lo ingrippava.

Si alzava, in definitiva, dal cimitero qualcosa che non mugghio di dolore bensì murmure di cazzeggio poteva ben dirsi. A conferma del tacito e generale convincimento che discorrendo in quel luogo, in un pigro e più o meno amabile cicaleccio, se non un disteso consuntivo quanto meno dei suoi minuzzoli potevano pervenire in qualche modo ad esser trattenuti presso i cari morti.

La narrazione degli avvenimenti che non li aveva visti protagonisti, o tampoco spettatori, perché né il Signore né in seconda battuta il Fato lo avevano voluto, il semplice racconto anche delle puttanate e una pregevole rassegna di estratti dell’oralità popolare contemporanea, finivano per restituire a questi trapassati, a questa stesa di buonanime, una specie di partecipazione a quella porzione di vita e di storiche circostanze che era loro sopravanzata. Ragguagli dovuti a una parata di ex persone individue.

Poco più in là, su un’antica facciata di loculi edificata sul finire dell’ottocento, e per questo ingiallita dal secolo e passa che era trascorso, un vecchietto più nodoso dei suoi conterranei e coevi ulivi picchiava ripetutamente il suo bastone sulla lapide di tale Cirone Antonia 1904 – 1991. Con una voce decrepita, come doppiato dall’oltretomba che pure lo accerchiava, la ricopriva di insulti: “Bastarda! Io te lo dicevo e tu non mi hai mai voluto ascoltare. Bastarda di una bastarda!”. Imprecazioni che più che suonare come blasfeme eccitavano l’ilarità dei visitatori più vicini alla scena.

Una scena che Innocenza Sblendorio conosceva a memoria poiché non di una prima bensì di monotona replica trattavasi. Continua a leggere »

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le torsioni dell'anaconda, letteraria

da un misconosciuto capolavoro

Quanti anni

Aveva sudorazioni notturne, pallore accentuato, mancanza di appetito. E al posto del torace una caverna dove un cagnaccio latrava rabbiosamente. Perdeva peso e il semplice muoversi per la casa era un gran dispendio di energie. Del peggioramento della sua salute incolpava quegli insetti. L’infido morso di quegli insetti che chissà come riuscivano a penetrare nella sua stanza inaccessibile a chiunque altro. Come riuscivano a insinuarsi nonostante avesse rattoppato la zanzariera era un mistero. Solo quegli esseri viventi, a parte Vita, nella stanza. E non pochi. Tanti ne entravano. Si mettevano a volare ossessivamente, ronzandole sulla faccia. Aveva provato, senza riuscirci, a sterminarli col Baygon. Sembravano esserini immuni e sfacciati, portatori di una loro urgente evidenza. Nel mentre che deperiva Vita assisteva, in pratica contemplava la costituzione di una vera e propria coscienza del necrophorus vespillo.

***

L’indefessa Splendar Puglia pur nel greve silenzio lavorava e soffiava il suo alito di gabinetto, lo soffiava perché si posasse come bambagia su tutto l’abitato.

Nella quiete di una notte d’estate, il cubo sfalsato e dolorante di via Veneto, correa la chiarità della luna rappresa nei muri biancheggianti, riusciva a trasmettere brividi di freddo all’insonne Seba. La vedeva serrata, quella casa, inviolabile, piombata come un vagone carico di ebrei. Le piante antisanti, cresciute a dismisura, più composte del solito però, a elevare qualche preghiera all’altare arcigno, intangibile come cosa sacra, cui si rivolgevano deferenti.

La ieraticità di quel momento fu lacerata da un’esplosione di musica.

… parlarti del mondo fuori, dei miei pensieri, e io dovrei … ma spiegami contro di me che cos’hai … aspettare che una donna diventassi tu … noi due nel mondo e nell’anima … la verità siamo noi …

La canzone dei Pooh irruppe nella calura silente della notte. In capo a una ventina di secondi fu però stoppata brutalmente.

Il fragore che avevo lacerato la notte continuò nel trapestio che proveniva dall’abitazione dei Germinario e dalle urla che risuonarono in una lunga sequela di bestemmioni sorprendenti e spaventosi.

“Che cazzo ti salta in mente, brutta stracciaculaaaaa!!! Ma che cazzo tieni in quella testa di merda, brutta ritardata schifosa, adesso la devi piantare con le tue stranezze, hai capito? Non ce la faccio più, non ti reggo più! Io devo andare a lavorare, la mattina mi alzo presto e tu hai davvero rotto i coglioni, rottame che non sei altro!”

La sorpresa e lo spavento erano dovuti al fatto che la voce che stava così orribilmente spolmonandosi, nonostante tutta una vita dedicata a curarsi il lessico, a coltivarsi un linguaggio da entomologo, a discernere attentamente tra elettromotrici e automotrici, a mettere attenzione al comportamento e all’inclinazione dei treni in curva con test spossanti di centinaia di ore, alla dovizia dei particolari di uno zodiaco di riferimento volutamente statico, alla corretta denominazione delle località e di ogni genere di segnaletica, alla fedele riproduzione di autorimesse, autosaloni, parcheggi, stazioni di servizio, motel A14, case cantoniere, montagnole, parchi, lampioni, passaggi a livello, caseggiati, complanari, coste, colline, pinete marittime, uliveti mandorleti vigneti e ciliegeti, cipresseti cimiteriali, interruzioni stradali per lavori in corso con tanto di martelli pneumatici e pupazzetti in tuta da lavoro e casco giallo, ecco, nonostante tutto questo, era inconfondibilmente la voce del figlio maschio di Innocenza a sgretolare tutte le sue organizzate particelle in quel fragore di bestialità. Non ci si poteva sbagliare.

Anche in lui la frustrazione aveva rotto gli argini ed eruttava in tutta la sua brutalità.

*** una bravissima artista delle mie parti, Luisa Valenzano, ha concepito e realizzato quest’opera su fascinazione de l’anaconda. L’anaconda e il sottoscritto, ovvi ringraziamenti a parte, si lasciano a loro volta avvolgere dall’ulteriore fascinazione che questo dipinto dispiega. Chi avesse voglia di sapere di più di Luisa Valenzano artista può cliccare qui http://www.artmajeur.com/luisavalenzano/.

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