dal tabernacolo un sibilo
i giorni tengono dietro ai giorni. l’attesa è un pantano in cui, a più a più, affondano i miei zoccoloni. lo scrittore è un acuto analista di come e qualmente sia belva egli stesso, idolo spaventevole che si sottrae a ogni teorizzazione: egli, come il popolo, procede noncurante, “forza della natura che si divora da se stessa”. s’inizia sempre credendo di essere agli altri ed a se stesso faro, sicuri di poter stanare la bestia totemica in nome della quale si sacrificano vite. si finisce invece ciechi e irresistibili, manichini autoreggenti mantenuti verticali da una continua corrente verticale, sbisciolante, scaturigine inesausta di una brace che arde da tempo immemore, alimentata da chissà cosa che affonda nella leggenda. l’ostinazione a vivere dell’umano bestiame ci informa e non mi scevera. seguita a non vedermi la sconcia italia mentre assevera i miei postulati.
22 Feb 2010 Nicola 3 commenti